Sessualità

Claustrofobia? Respira piano e a fondo

Per superare il panico provocato dagli spazi chiusi bisogna distrarsi ed evitare la sensazione di mancanza d'aria

La claustrofobia (dal latino claustrum, luogo angusto, e dal greco phobos, paura), è caratterizzata dall’insorgere di uno stato d’ansia incontrollabile quando ci si trova in luoghi chiusi e stretti (metropolitana, cunicoli o ascensori).

«La persona è terrorizzata dall’assenza di vie di fuga, come finestre o porte aperte: teme di non poter più uscire, che non vi sia aria sufficiente e che questo possa portarla alla morte», spiega Giorgio Bressa, docente di psicobiologia del comportamento all’Istituto superiore universitario Progetto uomo di Viterbo.

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Quali sono i sintomi della claustrofobia? Ci sono campanelli d’allarme?

I sintomi più comuni sono diversi: si avverte prima un senso di malessere generale. «Poi sopraggiungono sensazioni di soffocamento, oppressione e impotenza, tachicardia, sudorazione, fino a svenimenti e attacchi di panico», dice Francesco Ruggiero, dirigente medico psichiatra alla Asl 2 di Caserta.

Quali sono le cause?

Anche le cause sono diverse. «La claustrofobia può svilupparsi perché il paziente è stato una volta vittima di un attacco di panico, magari proprio in un luogo chiuso», spiega Bressa. «Oppure a causa di un dolore per un dramma familiare vissuto nell’infanzia e da cui non si è mai potuti fuggire».

Nel caso della paura dell’ascensore, alla base potrebbe esserci anche un disturbo da ansia sociale. «Cioè il fastidio di sentirsi osservato dagli altri in un luogo angusto», precisa Ruggiero.

Cosa fare se soffriamo di claustrofobia? Ci sono metodi per poter prevenire l’attacco di ansia?

Cosa fare quindi se soffriamo di questo disturbo psicologico? Se il disturbo è a livelli blandi si può imparare a respirare piano e profondamente prima di entrare in un luogo chiuso, per distrarsi e diminuire la sensazione di mancanza d’aria. Se invece la situazione è pesante, meglio rivolgersi a un professionista.

«Quando subentra il panico è meglio rivolgersi a uno specialista (psicoterapeuta) che potrà suggerire un ciclo di psicoterapia cognitivo-comportamentale, anche abbinata a farmaci antidepressivi serotoninergici», dice Ruggiero.

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