Perennemente stanchi, al punto che le occupazioni più semplici possono diventare un ostacolo, il lavoro e lo studio talvolta impossibili.
Da anni sostengono che la loro sia una malattia ma per molto tempo si sono trovati di fronte a medici scettici più propensi a credere in un disturbo di origine psichica. Sono i malati di Sindrome da Stanchezza Cronica (CFS), una malattia rara fortemente invalidante ma non ancora riconosciuta in Italia come patologia grave, cronica e invalidante e nemmeno inserita tra le malattie rare esenti.
La scienza tuttavia ha cominciato da qualche anno ad interessarsene in maniera più attiva, ne è testimonianza una recente articolo apparso su Nature Rewiev Neuroscience e in cui 4 tra i maggiori esperti vengono chiamati a fare il punto sulla malattia e soprattutto sulle sue cause. «Per anni la professione medica non ha riconosciuto la sindrome da stanchezza cronica come condizione reale»spiega Stephen Holgate dell’Università di Southempton».
«A mio giudizio – dice Anthony Komaroff, della Harvard Medical School – la letteratura dimostra molte anomalie per i pazienti CFS, sia in raffronto a pazienti sani che a pazienti affetti da patologie che comportano affaticamento quali depressione o sclerosi multipla. Molte delle anomalie documentate coinvolgono il sistema nervoso centrale e quello autonomo. Secondo me gli scettici dovrebbero documentarsi di più».
Acceso è il dibattito su quelle che potrebbero essere le cause, una querelle che si è fatto più confusa dopo che è caduta l’ipotesi che a causare la malattia potesse essere il retrovirus XMRV. «Secondo quanto sappiamo oggi della CFS – spiega Holgate – la sindrome ha un innesco ambientale o microbiologico, come l’esposizione ad agenti chimici o a un virus, ma i fattori psicologici e sociali sono importanti nella progressione della malattia».
Concorda Komaroff che afferma «Molti studi clinici ed epidemiologici hanno descritto sintomi da stanchezza post-infettiva che si verificano in associazione con una grande varierà di agenti virali e batterici». Sulla stessa linea anche Simon Wessely, dell’Istituto di Psichiatria del King’s Colleg di Londra.
«L’evidenza che alcune infezioni hanno la capacità di innescare CFS è schiacciante – dichiara Wessely – Per esempio, c’è un rischio maggiore di sviluppare il CFS, dopo il virus di Epstein – Barr (che causa la mononucleosi) e in seguito ad altre infezioni comuni». Più cauto Dennis Mangan, dell’Office of Research on Women’s Health di Bethsda secondo cui «Ci sono molti articoli scientifici che sostengono di avere dimostrato una tale associazione, ma nessuno è stato ufficialmente confermato dagli studi di controllo successivi».
Lo stesso afferma tuttavia che «la componente psichiatrica della CFS è ancora da determinare ma la ricerca mostra effetti reciproci del sistema immunitario ed endocrino sul cervello e l’attività neuronale, offrendo possibili spiegazioni ai molti sintomi associati alla sindrome».
Gli esperti, al di là dei dubbi sulla natura della malattia, sono dunque concordi su una cosa, chi è affetto da CFS non ha una malattia psichiatrica ma una malattia che può nel tempo generare anche questo tipo di disturbi, sia per cause biochimiche sia per il riflesso che la malattia ha nella loro vita.