Descritta alla fine dell’800, la sindrome di Chiari è una malformazione congenita della fossa cranica posteriore. La struttura ristretta delle ossa alla base del cranio porta alla discesa della parte inferiore del cervelletto, che non trova spazio: così le sue porzioni basse, chiamate tonsille cerebellari, possono entrare nel canale vertebrale, all’interno del quale è contenuto il midollo spinale.
Una patologia rara
«Si stima che in Italia siano circa mille le persone colpite in modo conclamato da questa sindrome», spiega Laura Grazia Valentini (puoi chiederle un consulto), neurochirurgo dell’Istituto Besta di Milano. «Ma molte altre, probabilmente, hanno la malformazione ossea senza però sviluppare problemi di sofferenza cerebrale».
Sintomi.
Sono molto variabili: visione doppia (diplopia), progressiva perdita della coordinazione muscolare (atassia), vertigini, perdita dell’equilibrio, difficoltà a deglutire, disfonia, paresi dei muscoli oculari, riduzione dell’udito (ipoacusia), ipertensione endocranica e altri.
Diagnosi
Attraverso la risonanza magnetica.
Neurochirurgia
«Ormai è possibile intervenire precocemente», spiega la specialista. «Si utilizza, di norma, una tecnica chirurgica ben consolidata, la decompressione cranio-vertebrale, che permette di ampliare lo spazio fra cranio e midollo. Oggi la ripresa dopo l’intervento in microchirurgia è molto rapida: i pazienti vengono dimessi entro pochi giorni e dopo altre due-tre settimane possono riprendere le loro attività».
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