Salute

Fibrosi Polmonare Idiopatica: la terapia c’è

Per i pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica l’arrivo della prima terapia – il pirfenidone – è stato certamente una pietra miliare, eppure, stando a una ricerca europea svolta dalla Doxa e commissionata dalla casa farmaceutica InterMune, i bisogni insoddisfatti rimangono tanti. Le capacità di diagnosi si stanno elevando, e cresceranno certamente nei prossimi anni, ma chi ha avuto la diagnosi fino a oggi ha dovuto spesso attendere più di un anno, consultare anche 3 diversi specialisti e spesso ha ricevuto una prima diagnosi errata, con conseguente ritardo nell’accesso alle terapie adeguate.

Per i pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica l’arrivo della prima terapia – il pirfenidone – è stato certamente una pietra miliare, eppure, stando a una ricerca europea svolta dalla Doxa e commissionata dalla casa farmaceutica InterMune, i bisogni insoddisfatti rimangono tanti. Le capacità di diagnosi si stanno elevando, e cresceranno certamente nei prossimi anni, ma chi ha avuto la diagnosi fino a oggi ha dovuto spesso attendere più di un anno, consultare anche 3 diversi specialisti e spesso ha ricevuto una prima diagnosi errata, con conseguente ritardo nell’accesso alle terapie adeguate.

Talvolta poi lascia a desiderare anche il modo in cui la diagnosi è stata comunicata al paziente, senza spiegare la malattia, la sua evoluzione e dando una prognosi talmente infausta che alcuni pazienti pensavano di dover morire entro l’anno. Anche la presa in carico e la soddisfazione dei pazienti per le attenzioni mediche che ricevono non è ovunque uguale, molto più contenti per le cure sono infatti coloro che si rivolgono ai grandi centri di riferimento, mentre ritengono di non essere seguiti con altrettanta solerzia coloro che si rivolgono ai centri periferici. Senza poi contare le difficoltà non di poco conto che i pazienti hanno per la fornitura e la gestione dell’ossigeno, soprattutto quando devono spostarsi, un problema che va ad aggiungesi alle già molte limitazioni imposte da questa malattia che progressivamente toglie il fiato e la capacità di svolgere anche le semplici attività quotidiane.

Gruppo San Donato

I disagi talvolta riguardano anche i rapporti con gli altri: la malattia – almeno fin quando non si usa l’ossigeno – non è visibile agli altri. Alcuni hanno dovuto faticare molto per convincere colleghi e anche datori di lavoro di essere davvero malati, con il rischio di perdere il posto di lavoro. Tutto questo potrà essere risolto nel tempo con una sempre maggiore conoscenza tra la popolazione e tra le classe medica della malattia. C’è però un punto su cui gli stessi pazienti e i loro famigliari potrebbero essere davvero importanti: la creazione di una associazione – o federazione di associazioni – che sia davvero forte ed incisiva, capace di far sentire queste persone meno sole e abbandonate al proprio male.

I pazienti infatti lamentano oggi la mancanza di un organismo che li tuteli, un ampio gruppo di supporto che possa svolgere anche funzioni di aiuto nelle pratiche burocratiche e tutela legale. L’auspicio è dunque che le varie associazioni operanti in Italia – ce ne sono 4 – e anche in Europa, riescano a creare un organismo di collegamento forte, così come è accaduto per altre malattie come la Fibrosi cistica, l’emofilia, la talassemia o la Sla.

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