Che di crepacuore si possa morire viene dalla saggezza popolare. Certo, non c’erano dati, ma il sospetto che ci fosse qualcosa di vero alcuni scienziati l’hanno avuto. E così i cardiologi della Johns Hopkins University, a Baltimora, hanno studiato nella loro ricerca la sindrome del cuore a pezzi.
Che cosa ne è venuto fuori? «Di crepacuore si ammalano (e muoiono) di più le donne degli uomini», spiega Giuseppe Remuzzi , coordinatore dell’attività di ricerca della sede di Bergamo dell’Istituto Mario Negri. «Succede, quasi sempre, per la perdita di una persona cara, ma può essere per una rapina, a volte un incidente stradale».
Lo studio della Johns Hopkins University
Andiamo con ordine. Tra il 1999 e il 2003 arrivano all’unità coronarica della Johns Hopkins 19 ammalati (18 donne e un uomo). Avevano più o meno 60 anni, ma c’era anche una donna di 77 che aveva perso il marito sei ore prima, poi una ragazza di 27, e una signora di 32, e una di 87 (la sua unica amica era morta da un’ora). Tutte con un forte dolore al petto, la pressione bassa e il fiato corto. L’elettrocardiogramma fa vedere alterazioni. Eppure quasi tutti prima stavano bene e mai c’erano stati problemi di cuore.
I medici della Johns Hopkins vanno avanti, fanno un’ecografia e trovano che il cuore si contrae molto poco, al punto da far fatica a spingere il sangue nell’aorta. Si delinea quello che i medici chiamano scompenso cardiaco. Le coronarie di tutti questi malati sono normali. Cosa sta succedendo?
Con l’idea che tutto fosse causato dall’emozione, i ricercatori hanno voluto vedere se per caso non c’entrassero gli ormoni, quelli che il nostro organismo elabora in risposta allo stress e che vanno a finire nel sangue. In effetti, i livelli di questi ormoni (adrenalina, noradrenalina, dopamina erano altissimi, in qualche caso addirittura 30 volte più alti del normale. Che troppa adrenalina possa danneggiare il cuore si sapeva, ma con che meccanismo? I medici di Baltimora hanno pensato prima a uno spasmo delle coronarie. Ma questo non era molto verosimile perché il dolore si sarebbe manifestato subito, non a qualche ora di distanza dall’evento tragico. Un’altra possibilità è che questi ormoni siano tossici, per il cuore per esempio, perché favoriscono la formazione di radicali dell’ossigeno e questo per le cellule cardiache è insopportabile.
Così hanno fatto la biopsia del cuore a cinque di questi pazienti e hanno visto delle lesioni che assomigliano proprio a quelle che si vedono negli animali quando c’è troppa adrenalina.
La crepa può rimarginarsi da sola
Com’è finita? Tutte queste donne e anche l’unico uomo (un signore di 62 anni che aveva avuto il dolore al cuore mentre era in tribunale per un processo a suo carico) sono guariti (perché erano in ospedale, s’intende) e dopo qualche settimana il loro cuore funzionava normalmente. Ma perché erano quasi tutte donne? Questo di preciso non si sa. Forse le donne sono più sensibili degli uomini agli effetti delle catecolamine, ormoni rilasciati dalle ghiandole surrenali in situazioni di stress.
«Cuore a pezzi, cuore infranto, sembrava retorica, adesso è una malattia», conclude Remuzzi. «Magari anche più frequente di quello che si pensa. È proprio come se si creasse una crepa nel cuore che poi si ripara, perfettamente, da sola. Com’è che la saggezza popolare ha coniato (chissà quanti anni fa) un termine che oggi si rivela assolutamente accurato sul piano scientifico? È un mistero».
Guarda nel pdf le lesioni che si creano nella sindrome del cuore a pezzi
Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2009