Commento di Silvia Iesari,
psicologa e blogger di PSICOZOO
Oggi desidero condividere una riflessione scaturita da una frase di un mio amico e da un successivo confronto. La frase in questione era più o meno questa: «Per organizzare un matrimonio ci vuole un anno, per organizzare un funerale bastano due giorni».
È partita da qui una riflessione spontanea sul fatto che la cerimonia funebre rappresenta il rituale sociale dell’elaborazione del lutto, del saluto finale al defunto e sancisce l’inizio della vita di tutti quelli che hanno conosciuto quella persona, senza la stessa. Come ben sappiamo, in realtà non è così. Infatti, la cerimonia funebre avviene nel pieno dell’elaborazione del lutto psicologicamente intesa, le cui fasi sono sì sempre quelle, ma sono vissute da ogni persona in maniera diversa.
I fattori che influiscono sulla risoluzione del lutto sono diversi e vanno dalle componenti caratteriali al livello di intimità che si aveva con la persona scomparsa, passando per innumerevoli altre, che non approfondirò in questo articolo.
Di fronte alla perdita di una persona cara, inizialmente si hanno reazioni di shock e negazione, seguite da una fase molto più lunga e intensa di dolore psichico. Durante questo periodo sono frequenti attacchi di rabbia, intensi sensi di colpa, angoscia di separazione e disperazione. Molto comune è anche la presenza di sentimenti ambivalenti verso la persona cara.
Queste emozioni e reazioni così forti e disgreganti, sono la reazione alla perdita di un punto di riferimento, una certezza nella nostra vita reale e nel nostro spazio psichico. La risoluzione del lutto avviene quando si riesce da un lato a organizzare sempre di più la nostra quotidianità e dall’altro a creare uno spazio psichico dove contenere il dolore per la perdita subita e integrarlo così nella nostra nuova organizzazione interna.
Questo lungo e doloroso processo, richiede una notevole quantità di energia e può andare incontro a distorsioni o fissazioni che ne impediscono la corretta risoluzione. Per chi è vicino ad una persona colpita da un lutto, diventa importante quindi riconoscere e rispettare questi tempi. Soprattutto, aiutare a gestire gli intensi vissuti dolorosi, attraverso l’ascolto e la comprensione.
Non ci sono dei tempi prestabiliti per il compimento del lutto, tuttavia, si possono dare delle indicazioni. Se superati i sei mesi dal lutto, la persona continua a non riuscire ad alleviare il proprio dolore e sembra impossibilitata a trovare nuove strategia di vita nel quotidiano, si può forse iniziare a parlare di lutto complicato. In questo caso, il lutto potrebbe sfociare in depressione e passare, da reazione fisiologica a un trauma, a una vera e propria malattia.
In questo caso, la miglior cosa da fare è consigliare la persona in questione a farsi aiutare da professionisti competenti. Per questo, superato il rituale sociale dell’onoranza funebre, è importante restare vicino al nucleo di affetti della persona scomparsa, per aiutare a prevenire, e quando necessario riconoscere, i segni di un lutto che la persona non riesce più a elaborare da sola.
Silvia Iesari
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