In occasione del Congresso della Società Italiana di Reumatologia è stato presentato un test promettente, utile per valutare la severità di una particolare malattia reumatica, la sclerodermia.
È il cosiddetto Elf-test (Enhanced liver fibrosis), inizialmente messo a punto come predittore di gravità nelle malattie epatiche croniche, poi rivelatosi d’aiuto anche nella sclerodermia. Il test prevede la misurazione nel sangue di tre marcatori (acido ialuronico, TIMP-1, peptide aminoterminale del procollagene di tipo III).
I dati di uno studio del professor Del Galdo dell’Università di Leeds in collaborazione con la Seconda Università di Napoli, mostrano che questo esame, di facile esecuzione, può fornire informazioni importanti sul livello di fibrosi.
Accanto alla necessità di una diagnosi precoce che può modificare sensibilmente il decorso e la prognosi della malattia, poichè poter iniziare una terapia in tempi brevi influisce drasticamente sulla qualità di vita dei pazienti, si delinea l’importanza della «valutazione della severità della malattia» che può fornire importanti indicazioni sugli eventuali danni irreversibili a carico di organi ed apparati.
Purtroppo capita ancora troppo spesso che la diagnosi arrivi in ritardo di anni dai primi sintomi (Fenomeno di Raynaud secondario), anni preziosi che favoriscono la progressione incontrastata della malattia in fibrosi ovvero sclerosi, cioè distruzione lenta e progressiva di tessuti o organi che, divenuti rigidi perdono la loro funzionalità. Tale sclerosi colpisce tessuti, vasi del circolo periferico, organi ed apparati (da qui il nome sistemica).
E’ quindi evidente che guardare con fiducia ad un esame semplice ed efficace come l’Elf-test, consentirebbe di effettuare una valutazione precisa delle condizioni della fibrosi per poter ricorrere tempestivamente a terapie mirate agli obiettivi.
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