Sessualità

La demofobia si combatte con respiri profondi

La paura dei luoghi affollati può causare attacchi di panico. Si calma controllando il flusso d'aria

Si definisce demofobia (dal greco démos, gente, e phóbos, paura) la sensazione di disagio che un individuo prova quando si trova in luoghi affollati e pieni di estranei.

Demofobia: quali sono le cause?

«È un disturbo collegato all’agorafobia (dal greco agorá, piazza), che indica il timore di ritrovarsi in spazi aperti e ambienti non familiari», spiega Giampaolo Perna, professore onorario di psichiatria a Maastricht. «Il demofobico si aspetta di stare male in un posto pieno di gente, perché si rende conto che potrebbe essere difficile per lui uscirne e trovare rifugio in un luogo sicuro come casa propria. Le sue paure possono essere legate a un disturbo da attacchi di panico e a una fobia sociale».

Gruppo San Donato

L’attacco di panico

Può scatenarsi in un demofobico che si trovi in una piazza gremita, in una discoteca o su un autobus sovraffollato, per esempio. Si manifesta con sintomi come paura di morire, tachicardia, sudorazione, mancanza d’aria. Al momento della crisi, che può durare da uno a dieci minuti, una tecnica efficace è il controllo della respirazione (ci sono dei corsi che lo insegnano).

La demofobia è una fobia sociale

«La paura di dover affrontare una crisi di panico può portare alla fobia sociale, cioè a evitare del tutto le occasioni di socialità», continua Perna. «È allora che la demofobia si trasforma in un disturbo invalidante». In questi casi è assolutamente necessario chiedere aiuto a un professionista.

Come si cura

Ci possono essere diverse terapie per cercare di controllarne i sintomi. «Nei casi lievi di demofobia può essere utile un ciclo di sedute di psicoterapia cognitivo comportamentale», conclude Perna. «Qualora il disturbo sia sostenuto anche da attacchi di panico, è importante iniziare, sotto stretto controllo medico, una terapia farmacologica a base di regolatori della serotonina e della noradrenalina. Primi risultati dopo un mese ma si deve proseguire per un anno».

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