Focus a cura di Orazio Valsecchi, il medico che ha operato Antonio Di Pietro, direttore della cardiologia 2 diagnostica interventistica agli Ospedali Riuniti di Bergamo.
L’intervento che ho eseguito su Antonio Di Pietro (leggi la sua confessione) è ormai di routine: si tratta di un’angioplastica coronarica, con lo scopo di migliorare l’apporto di sangue al cuore ischemico, cioè sofferente per la parziale occlusione di una coronaria. Immaginiamo che le arterie intorno al cuore siano come tubi di plastica. Le placche lipidiche, causate per la maggior parte da alti livelli di colesterolo nel sangue, sono incrostazioni che si depositano nei vasi fino a chiuderli. L’angioplastica è la dilatazione del vaso ostruito con un palloncino che viene gonfiato nel punto del restringimento. Spesso, come nel caso di Di Pietro, si applicano anche uno o più stent, sorta di gabbiette che sostengono la parete della coronaria, come un’impalcatura, e la mantengono aperta.
L’ANGIOPLASTICA. In anestesia locale s’inserisce, preferibilmente nell’arteria radiale (a livello del polso), un sottile catetere, che contiene un palloncino e lo stent, e si fa risalire questa sonda fino al cuore, sotto il costante controllo radiografico. L’intervento dura circa mezz’ora e in un paio di giorni il paziente torna alla sua vita normale.
GLI STENT. Ormai non si usano più semplici stent metallici, ma dispositivi medicati (trattati con un farmaco in grado di bloccare la proliferazione della parete dell’arteria) che limitano le ricadute. L’ultimo arrivato è uno stent fabbricato con un polimero di acido polilattico, lo stesso materiale usato per i punti di sutura riassorbibili: il nuovo dispositivo, chiamato Bvs (bioresorbable vascular scaffold), una volta esaurito il compito di tenere aperta la coronaria per il tempo necessario, si dissolve nel giro di due anni, evitando così uno stimolo infiammatorio cronico alla parete dell’arteria coronarica. Candidati ideali all’impianto dei nuovi stent saranno soprattutto i pazienti giovani, di età inferiore ai 50 anni, che potrebbero avere la necessità di essere sottoposti in futuro a nuovi interventi.
LO STILE DI VITA. Le ostruzioni alle coronarie sono determinate dal concorrere di uno o più fattori, tra cui una certa predisposizione familiare. I più importanti sono il diabete, l’aumento dei grassi nel sangue, il fumo, l’ipertensione, l’obesità, la vita sedentaria e lo stress. L’angioplastica mette una toppa a una situazione pericolosa, ma non cura le cause. È quindi indispensabile neutralizzare o ridurre i fattori di rischio, mutando lo stile di vita e assumendo i farmaci necessari, come la cardioaspirina per ridurre l’aggregazione delle piastrine e le statine, per abbassare il colesterolo.
LA RABBIA. Fa bene Di Pietro a infuriarsi meno durante i talk show. Gli attacchi d’ira, specie se incontrollati e frequenti, possono avere effetti negativi sull’organismo e in particolare sul sistema cardiocircolatorio. Una continua successione di scoppi di rabbia fa aumentare troppo i battiti e salire la pressione, perché provoca vasocostrizione.
Orazio Valsecchi – OK Salute e benessere