In circa il 10% dei casi è coinvolto il sistema nervoso centrale: si parla quindi della Neuro-Behçet, che può manifestarsi in meningoencefalite, perdita della coordinazione muscolare (atassia), demenza e atrofia ottica.
Le cause di questa malattia, in tutte le sue forme, sono assai poco note: si parla di una combinazioni di fattori ambientali e fattori genetici. Circa 40 anni fa è stata individuata una correlazione tra la malattia e la regione del cromosoma 6 che codifica per la proteina HLA B-51 dei globuli bianchi umani.
E proprio dalla genetica sono appena arrivati ulteriori elementi di conoscenza: un gruppo internazionale di ricercatori ha infatti individuato, analizzati i genomi di 1209 individui affetti dalla Behcet, quattro nuovi loci cromosomici coinvolti e già conosciuti per il loro ruolo in altre patologie infiammatorie e autoimmuni come l’artrite reumatoide, la psoriasi e la spondilite anchilosante (per approfondimenti clicca qui ).
Si tratta di una scoperta utile per trovare terapie in futuro, ma intanto è comunque importante fare qualche cosa nell’immediato per questi pazienti, a partire dalla diagnosi e dall’approccio multidisciplinare, che, come anche in tante malattie rare, è fondamentale per prevenire complicanze e invalidità permanenti.
Nella sindrome Neuro-Behçet, la manifestazione più rara della patologia, questo è vero in particolar modo per le complicanze agli occhi. Uno studio recente condotto all’Istituto di Oftalmologia dell’Università di Parma ha mostrato che in media gli episodi neurologici si manifestano all’età di 11,8 anni, precedendo, nel 36 per cento dei casi, gli altri sintomi.
I principali sintomi a carico degli occhi sono papilledema e uveite, cioè l’infiammazione dell’uvea. La terapia con immunosoppressori hanno permesso miglioramenti significativi o guarigione nella maggior parte dei pazienti. Le complicazioni si sono avute soprattutto laddove la diagnosi era stata ritardata, e questo ha portato alcuni all’atrofia ottica e dunque a problemi di vista permanenti.
Ciò vuol dire che è necessario un monitoraggio attento di questi pazienti per poter cogliere subito i sintomi e trattarli, cosa che vale anche per il ‘follow up’ di tanti altri malati rari che possono avere complicazioni a diversi organi: per questo la definizioni di percorsi diagnostico terapeutico assistenziali e l’esistenza di centri multidisciplinari a cui far riferimento è particolarmente importante.
Si tratta di obiettivi che cono già contenuti nella bozza di piano nazionale delle malattie rare che, si spera, tra qualche mese dovrebbe vedere la luce integrato delle correzioni e dei suggerimenti apportati in questi mesi dalle associazioni pazienti.
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