«La xenofobia (dal greco xenos, straniero e phobos, paura) nasce dalla percezione alterata di caratteristiche, di per sé ininfluenti, che appartengono a persone diverse per aspetto fisico, cultura, provenienza», dice Giorgio Rezzonico, psichiatra e professore ordinario di psicologia clinica presso l’Università di Milano Bicocca.
La forma più classica è la xenofobia che sfocia nel razzismo o nell’omofobia.
«Se non viene controllato, questo tipo di fobia può portare al rifiuto di chi è diverso da sé, con conseguenze sociali anche gravi», continua Rezzonico.
• Come si manifesta. Il sintomo più classico è l’evitamento: gli xenofobici arrivano a evitare tutti i luoghi nei quali sanno che potranno incontrare gli stranieri. Se questo accade, può comparire un forte disagio e uno stato d’ansia crescente.
In soggetti predisposti all’aggressività, questo atteggiamento non si ferma all’ansia ma sfocia in episodi di discriminazione e a volte di violenza.
• Chi colpisce. Un ruolo determinante nello sviluppo della xenofobia è il substrato familiare e culturale in cui il soggetto si è trovato a vivere. Possono avere un’influenza anche eventi traumatici passati che hanno in qualche modo coinvolto le persone considerate diverse. La xenofobia si sviluppa più facilmente in persone che hanno una naturale tendenza agli stati ansiosi.
• La psicoterapia. Non esiste una terapia specifica. Se gli episodi di intollerenza nei confronti di persone considerate estranee e pericolose diventano frequenti e invalidanti (impedendo per esempio di frequentare luoghi dove ci sono persone di nazionalità diverse), oppure sfociano in atti violenti, allora è necessario ricorrere a uno specialista (psicologo o psichiatra).
In questi casi può essere d’aiuto un ciclo di psicoterapia congnitivo comportamentale che preveda un percorso terapeutico di accettazione dell’altro, superando il rifiuto a priori di chi è diverso da sé.
• I farmaci. A volte bisogna intervenire anche con i farmaci (ansiolitici come le benzodiazepine e alcuni regolatori della serotonina), che di solito vengono impiegati per curare i casi d’ansia complessi.
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Ultimo aggiornamento: 15 gennaio 2010