Nel dramma ormai noto delle separazioni in continuo aumento (in Italia ormai ogni cinque minuti una coppia si dice addio, rivela l’Istat), c’è un altro dramma sommerso: quello degli ex sposi costretti dal carovita a continuare a sopportarsi, per evitare di finire sul lastrico appena varcata la soglia del tetto coniugale. Se una separazione con successivo divorzio può costare da 5.000 a 60.000 euro, secondo un’indagine Moneyfarm e Smileconomy anche la nuova vita da separati rischia di prosciugare il conto in pochi mesi.
Secondo Coldiretti, oggi tra bollette incandescenti, affitti e mutui alle stelle e aumenti generalizzati dei generi alimentari, un single deve affrontare un costo della vita più alto in media del 90% rispetto a quello pro capite di una famiglia-tipo di tre persone. Meglio allora stringere i denti e continuare a condividere tv e divano, cercando di mettere via un gruzzoletto prima di riprogettare la propria vita. Ma a che prezzo?
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Separati in casa: a volte la convivenza forzata può essere una galera
«La scelta di convivere da separati è più diffusa di quanto si creda, ma è anche difficilissima da portare avanti», premette Roberta Rossi, presidente dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma. «Sono molte le coppie che faticano a dirsi addio, pur sapendo in cuor loro che la storia è finita, e non sempre c’entrano i soldi. Alcune temporeggiano per mancanza di coraggio, altre per proteggere i figli, altre ancora per questioni di “facciata”. A volte l’amore è finito ma si resta legati da una sorta di dipendenza reciproca, fatta di abitudini, routine consolidate, schemi rassicuranti che è difficile lasciare andare per abbracciare l’ignoto».
Ma la convivenza forzata, se non basata su una decisione definitiva e una condivisione chiara di intenti, può essere davvero una galera per tutti i membri della famiglia.
Non bisogna lasciare questioni in sospeso
«Convivere da separati in casa è possibile, ma solo se la storia è davvero finita e la decisione è chiara a entrambi, altrimenti la casa diventa un campo di battaglia disseminato di mine nascoste, pronte a esplodere al primo bucato steso male», ribadisce la sessuologa. «Pensiamo ai meccanismi di gelosia e controllo che si possono attivare se uno dei due è ancora coinvolto affettivamente dall’ex. Ma anche nella quotidianità ogni pretesto può riaccendere la fiamma delle discussioni inutili, dalle pulizie di casa alla divisione delle spese. Tuttavia, continuare a litigare vuol dire anche, spesso inconsciamente, cercare di mantenere vivo il legame».
Se sono rimaste questioni in sospeso può essere utile farsi aiutare. «In genere si consiglia una psicoterapia individuale o una consulenza di coppia per aiutare a vivere serenamente i diversi passaggi dal matrimonio alla coabitazione forzata», suggerisce Serena Valorzi, psicologa, psicoterapeuta, specialista in terapia di coppia cognitivo-comportamentale. «La terapia di coppia serve molto in questa fase: aiuta a separarsi quando ormai non c’è più spazio per tornare insieme, ma non ci sono neppure ancora le capacità di gestione emotiva e cognitiva necessarie a questa nuova condivisione domestica».
Separati in casa non per più di un anno
È bene chiarire fin da subito che si tratta di una situazione temporanea. «Porsi un limite temporale serve a evitare che uno dei due, magari per ragioni sentimentali o paura del cambiamento, continui a procrastinare l’abbandono della casa o scambi questa situazione per una sistemazione definitiva», spiega Rossi.
«Spesso la condivisione della stessa casa da separati serve a “traghettare” i figli verso l’accettazione di una nuova condizione famigliare. È difficile stabilire tempistiche, ma in genere non bisognerebbe prolungare la coabitazione per più di un anno; tuttavia è sempre meglio se si conclude prima, per dare la possibilità a entrambi di rifarsi una vita. E se l’altro, con il passare del tempo, sembra non avere intenzione di riprogettare la sua vita e continua a prendere tempo, è giusto incalzarlo».
Stilare regole di coabitazione
La separazione in casa non è regolamentata dal punto di vista giuridico e non ha gli stessi effetti di quella legale. Gli ex coniugi che decidono di coabitare continuano teoricamente a essere gravati dagli stessi doveri (collaborazione e contribuzione ai bisogni della famiglia e dei figli) e a beneficiare degli stessi diritti derivanti dal matrimonio.
«È bene stilare un elenco di regole che comprendano tutte le mansioni e le incombenze domestiche, dalla divisione degli ambienti (compresi armadi e scrivanie) ai turni di pulizia, fino agli orari dei pasti, decidendo fin da subito se è il caso o no di condividere la tavola o altri momenti comuni, come le feste o i weekend», prosegue Roberta Rossi.
«Se, nel caso di famiglie con bambini, creare momenti di condivisione di tutta la famiglia è certamente positivo per il benessere dei piccoli, in genere è sconsigliato fare sempre tutto insieme, perché è bene che i figli si abituino alla nuova ripartizione di spazi e tempi. Si possono pianificare sì delle serate in cui uno dei due si occupa della prole e l’altro è in libera uscita. In casa, però, è fondamentale crearsi spazi privati ben definiti, a cui l’altro non ha accesso, e rispettare sempre la privacy altrui, evitando atteggiamenti invadenti o irrispettosi».
Anche la ripartizione delle spese dev’essere chiarita subito. Molto utili a questo scopo le applicazioni come Splid, Goodbudget, Splitwise, Expensify, create per la gestione delle spese tra coinquilini.
I separati in casa devono avvisare parenti e amici
«È bene avvisare infine amici e parenti di questa sistemazione temporanea, in modo che, in caso di uscite condivise con la stessa cerchia di persone, si evitino allusioni o battute», prosegue la sessuologa. Se uno dei due è già legato affettivamente a un nuovo partner è importante non dare per scontato di poterlo accogliere nella casa in cui abita ancora l’ex, anche solo per una cena.
Conferma Valorzi: «La separazione affettiva è avvenuta e si è liberi entrambi di innamorarsi di un’altra persona, ma non di vivere questo nuovo amore nella casa in cui l’altro o l’altra continua a stare: deve rimanere un luogo emotivamente neutrale, pulito». Consultarsi con l’ex prima di avanzare inviti (e soprattutto non farlo di nascosto mentre l’altro è via) è una forma di rispetto imprescindibile, anche se non ci sono figli in casa.
Si può fare di necessità virtù. «È possibile trarre degli aspetti positivi da questa situazione, imparando a usare questo momento a vantaggio proprio e dell’ex», conclude la psicoterapeuta.
«Come? Per esempio cercando di agevolare l’altra persona riguardo ai suoi desideri e obiettivi, magari mettendosi a disposizione per tenere i bambini se lui o lei ha un colloquio di lavoro o un appuntamento. Ma anche favorendo il percorso proprio e altrui verso l’indipendenza, al fine di facilitare il momento in cui si potrà finalmente vivere in due luoghi separati. Esempio: “Mi insegni a fare il risotto ai frutti di mare come lo sai fare tu, che mi piace tanto? Io ti faccio vedere come fare un bonifico con l’home banking, anche se ci ho sempre pensato io”».
Chiarezza e rispetto davanti ai figli
È importante essere chiari sul fatto che la coabitazione tra mamma e papà, dopo la separazione, è temporanea, specificando tempi e motivazioni. I piccoli non devono avere dubbi sull’irrevocabilità della decisione presa, senza lasciare spazio a false illusioni su un futuro ricongiungimento. «Una convivenza drammatica, con urla, pianti, accuse, l’assenza di spiegazioni e la presenza in casa di un genitore angosciato, molto stressato, depresso o ansioso sono tra le situazioni più stressanti che colpiscono i figli nella fase iniziale di un divorzio», afferma Anna Oliverio Ferraris, professore ordinario di psicologia dello sviluppo all’Università della Sapienza di Roma, autrice di Dai figli non si divorzia. Separarsi e rimanere buoni genitori (editore Bur Rizzoli).
Assistere alla convivenza serena e rispettosa tra due genitori che non sono più una coppia può rivelarsi invece un grande insegnamento. «Un atteggiamento trasparente, civile e rispettoso tra mamma e papà trasmette ai figli la certezza che ogni conflitto può essere gestito e superato senza farsi la guerra», conclude la psicologa. «Vederli collaborare in casa e cooperare per il bene della famiglia è di grande valore per la loro crescita».