Chi avrebbe mai pensato che la minuziosità e dovizia di particolari che i giapponesi hanno sempre ricercato nel proprio vivere quotidiano potesse avere delle conseguenze macabre?
Le cronache ci danno un esempio dell’utilizzo sbagliato di forme d’amore sessuale – o amore per il sesso? – facendoci notare come le perversioni non siano poi così rare, ma molto più diffuse di quanto si pensasse, in un paese come il nostro che ancora cerca di nascondere l’emancipazione dietro il filo una falsa coscienza.
Bondage, disciplina, dominazione, sottomissione, sadismo, masochismo, sono le parole chiave di una soddisfazione reciproca all’interno di un rapporto intimo di cui il gioco è la colonna portante.
Lo Shibari veniva utilizzato anticamente dai Giapponesi per immobilizzare i prigionieri, attraverso una pratica che dimostrasse l’onore del samurai, non lasciando che il prigioniero si liberasse dalla corda, e non provocandogli danni fisici o mentali. Solo successivamente tale tecnica diviene Kinbaku, arte della legatura erotica, attraverso la quale l’artista esegue disegni e forme geometriche che evidenziano i lineamenti del corpo femminile, come a creare una meravigliosa scultura vivente.
Dal Kinbaku al Bondage il passo è breve: basta aggiungere alla forma artistica una venatura erotica sadomasochista per ottenere il risultato dolceamaro di una violenza consensuale, in cui il pericolo è presente e meticolosamente aggirato.
L’importante è la decisione dei ruoli, la comprensione di poche regole fondamentali, di cui il dominante e il sottomesso devono essere a conoscenza. La consensualità è il limite tra il gioco e l’abuso, e la “safe word”, parola di sicurezza, è ciò che nella totale fiducia verso il partner rende attuabile e sicuro il rituale all’interno di una complicità imprescindibile.
Nascendo come un gioco, l’unico strumento necessario è la fantasia degli attori, che con qualsiasi materiale possono dare vita a quello scambio di gesti ben definiti che trova la sua finalità nel totale appagamento dei piaceri sessuali, anche quando questi dovessero esprimersi semplicemente nel desiderio di regalare piacere al partner.
Laddove il sadomasochismo si configuri solo come un gioco erotico sicuro, sano e consensuale, esso non può essere identificato come una parafilia in senso stretto. Ma in certi casi si potrebbe arrivare a provocare gravi danni alla persona che ricopre il ruolo del sottomesso, mancando ad esempio la capacità di percepire i propri limiti, oppure nell’assenza del totale rispetto delle regole.
E’ così che quest’attività che può intendersi o non come preludio per un’attività sessuale soddisfacente, precipita all’interno del gioco stesso, con conseguenze infauste.
Esistono in maniera evidente molte tecniche che permettono il soddisfacimento dei piaceri, ma senza le adeguate precauzioni ciò che era Eros diviene Thanatos, e il confine tra l’impulso e la morte viene valicato in un desiderio di trasgressione.
Post di Azzurra Carrozzo, studentessa del corso di laurea in psicologia clinica – indirizzo Sessuologia dell’Università degli Studi dell’Aquila (coordinatore: prof. Emmanuele A. Jannini).
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