Il parto in acqua consente alla gestante di affrontare la fase del travaglio e, appunto, del parto in un’apposita vasca, presente nei reparti maternità di alcuni centri ospedalieri sparsi in tutta Italia (qui puoi trovare l’elenco). Stando alle ricerche condotte sul tema e all’unanime parere della comunità scientifica, questa procedura sembra apportare effetti benefici sia sulla futura mamma sia sul nascituro, a patto che sussistano le condizioni per intraprenderla.
In questo articolo
Parto in acqua: i vantaggi per mamma e bambino
Partiamo dai benefici che il parto in acqua apporta sulla futura mamma.
- L’acqua ha un effetto miorilassante e antidolorifico: il suo calore attenua la percezione del dolore e stimola la produzione di endorfine, gli ormoni del piacere. Permette un parto più rilassato e un minore ricorso ai farmaci analgesici e all’epidurale.
- Riduce i tempi del travaglio perché rende più veloci i tempi di dilatazione.
- L’assenza di gravità e di peso favorisce una maggior libertà di movimento della donna, facendole risparmiare energie e rendendo di per sé meno faticoso il parto.
- L’acqua è in grado di ammorbidire i tessuti della futura mamma, riducendo così le lacerazioni perineali.
- Il galleggiamento sostiene il corpo della donna, non solo riducendo il peso dalla sua zona lombare ma diminuendo anche la pressione addominale sulla vena cava e sull’aorta, migliorando la circolazione tra placenta e feto.
Il parto in acqua comporta dei vantaggi anche per il piccolino, come si diceva poco fa.
- Lo stress della nascita è minore perché il passaggio dalla vita intrauterina a quella extrauterina è più graduale.
- L’acqua calda aiuta a mantenere la temperatura del neonato, evitando che ci siano sbalzi termici al momento della nascita.
- I primi respiri del bambino sono agevolati dal clima umido formatosi all’interno della vasca.
- Gli scambi tra feto e placenta sono migliori.
Chi può farlo?
I requisiti per poter accedere al parto in acqua possono variare da struttura a struttura, ma in linea generale tale opzione può essere presa in considerazione quando:
- La gravidanza è singola e a termine (37-41 settimane).
- Il nascituro si presenta in posizione cefalica.
- La futura mamma sta bene e non presenta febbre né altri sintomi che richiedano un’assistenza particolare.
- Il battito del bimbo, la durata e la frequenza delle contrazioni materne sono regolari.
- Il liquido amniotico è chiaro.
- Sono assenti infezioni in fase attiva (Covid-19, HCV, HBV, ecc).
Al contrario, la procedura in acqua non può essere avviata in presenza di queste condizioni:
- La gravidanza è pre-termine e/o gemellare.
- La mamma ha subito precedenti emorragie post-partum e/o sanguinamento vaginale.
- La donna ha la febbre o altri sintomi che richiedono una particolare assistenza.
- Il tampone vaginale è positivo allo Streptococco di gruppo B.
- Il nascitura si presenta in posizione podalica.
- Il liquido amniotico è tinto di meconio (cioè le prime feci del neonato).
- Sono presenti infezioni in fase attiva (Covid-19, HCV, HBV, ecc).
- Il parto è stato indotto con ossitocina.
Come funziona il parto in acqua?
Sebbene le tempistiche siano soggettive e dettate solitamente dall’équipe della singola struttura, in genere la futura mamma entra nella vasca durante la fase attiva del travaglio. La donna, cioè, deve avere contrazioni regolari, il collo dell’utero appianato e una dilatazione di almeno 3-5 centimetri. Se si anticipassero troppo i tempi e la donna entrasse nella vasca già nelle prime fasi del travaglio, con ogni probabilità non arriverebbe al parto vero e proprio in acqua perché troppo stanca per proseguire.
Una volta entrata nella vasca, la gestante è libera di assumere la posizione che preferisce e di uscire e rientrare quando vuole, sempre assistita dal futuro papà (se lo desidera). Nel frattempo, il battito fetale viene rilevato e monitorato mediante una speciale strumentazione che può essere immersa nell’acqua senza infastidire i movimenti della donna.
Capienza della vasca e temperatura dell’acqua
La vasca destinata al parto in acqua deve essere progettata in modo tale che la gestante, una volta entrata, possa muoversi liberamente, assumendo la posizione che preferisce. Dovrebbe contenere almeno 60-80 centimetri di acqua, così che la donna possa immergere comodamente il suo corpo. La temperatura dell’acqua dovrebbe essere piuttosto calda ma non superare i 36-37 gradi.
Esattamente come nella procedura tradizionale, anche durante il parto in acqua potrebbe verificarsi la fuoriuscita di urina, feci e sangue. È un’eventualità del tutto normale, della quale la futura mamma deve essere a conoscenza. Ma anche in presenza di acqua, le operazioni igieniche richieste, messe in atto dal personale presente in sala, non sono complesse e il travaglio può continuare tranquillamente. Dopo ogni utilizzo, la vasca viene svuotata e igienizzata a dovere.
C’è il rischio che il neonato possa annegare?
Forse non tutti sanno che il neonato, alla nascita, è dotato di un riflesso fisiologico chiamato diving reflex (“riflesso di immersione”), che si attiva quando l’acqua entra in contatto con i ricettori cutanei del viso. Ciò determina una vera e propria apnea, con chiusura della laringe, che permette al bimbo di non “bere” l’acqua e di non annegare. La respirazione si “sblocca” una volta che il neonato esce dall’acqua ed entra in contatto con l’aria.