Sessualità

Mangiarsi le unghie? A volte fa bene

Il vizio può servire a scaricare tensioni e aggressività, ma può anche causare infezioni e favorire l'influenza

Per smettere di mangiarsi le unghie, per combattere l’onicofagia, si può fare molto. «Ma il consiglio è di non intervenire in alcun modo se il vizio è lieve, se si tratta di una banale reazione occasionale in persone sotto stress, di un accompagnamento all’impegno del momento», avverte lo psichiatra Massimo Biondi (puoi chiedergli un consulto). Al massimo, si può usare un prodotto repellente da mettere sulle unghie, per far sì che il saltuario mangiatore sia consapevole della sua onicofagia e smetta.
Quella leggera è la forma preminente in età adolescenziale e con gli anni tende a sparire. Ma c’è la forma grave, un incontenibile disturbo del comportamento, con sanguinamenti, infezioni e così via.

Tipico dei perfezionisti
Si accompagna ad ansia, impulsività, elevata emotività in un carattere perfezionista: è soprattutto propria di personalità compulsive ossessive con difficoltà nell’autocontrollo. Le caratteristiche comprendono la ripetitività, la tendenza a resistere, l’impulso a farlo anche se procura un danno.
Perché? Perché dal punto di vista psicologico quell’atto serve. È utile per scaricare la tensione e l’aggressività. E non solo: procura piacere. Ed è qui che sta la resistenza conscia o inconscia alle cure. Il repellente sulle unghie non basta: il gusto di mangiarsele supera il disgusto. Si passa ai farmaci, da prendersi dopo consulto con lo psichiatra. Gli ansiolitici non sono efficaci, mentre lo sono gli antidepressivi (triciclici, che agiscono sulla serotonina, e Ssri, che la tengono in circolo).
A caccia di alternative
La vera cura è la psicoterapia, soprattutto se si tratta di un comportamento appreso, imparato in un certo momento per far fronte a una situazione di stress. C’è chi si morde le labbra e chi si mangia le unghie. È un atto che ha una funzione e per questo difficile da estirpare.
Compito del terapeuta è indurre il paziente a dirigersi verso alternative non dannose: una miniginnastica con le dita, strappare pezzetti di carta, fare 20 passi e così via. Magari con l’aiuto temporaneo di un farmaco. Sempre però che si voglia davvero smettere.
Alberto Paleari – OK La salute prima di tutto

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