Il fenomeno dell’andropausa nel maschio corrisponde a quello della menopausa nella donna? Quali sono le conseguenze del calo degli ormoni nell’invecchiamento maschile? E in quali casi bisogna intervenire con una terapia sostitutiva? Abbiamo approfondito l’argomento con l’endocrinologo Vito Angelo Giagulli, responsabile del servizio territoriale di Endocrinologia e Malattie Metaboliche del Presidio Territoriale Assistenziale “F Jiaia” di Conversano (puoi chiedergli un consulto qui).
È corretto parlare di andropausa per il maschio così come si parla di menopausa per la donna? Che cosa succede al corpo dell’uomo quando invecchia?
Il concetto di andropausa per il maschio è molto diverso rispetto a quello della menopausa per la donna. Per la donna, infatti, è possibile identificare un momento preciso che caratterizza questo evento: la perdita definitiva delle mestruazioni (amenorrea). La donna da questo momento in poi si pone in una condizione d’ipogonadismo stabile durante il quale le gonadi (le ovaie), a causa dell’esaurimento completo della riserva ovarica, non producono più ormoni sessuali (estrogeni). In questo stato la donna trascorre almeno un terzo della sua vita.
Il maschio, al contrario, non vive una vera e propria condizione d’ipogonadismo stabile, persistendo la possibilità di continuare a procreare. La funzione della gonade maschile (testicolo) non presenta una caduta completa e rapida della produzione di sperma e della secrezione del testosterone. Pertanto, l’incidenza dell’ipogonadismo conclamato nel maschio adulto-anziano non supera il 2% della popolazione maschile. L’uomo vive una condizione di declino progressivo della funzione testicolare e in particolare della cellula (cellula del Leydig) che secerne il testosterone. In ogni caso, il testosterone si riduce a partire dai 50 anni con una caduta media di circa lo 0,8% annuo. L’entità della caduta può essere funzione dello stato di salute generale del soggetto, quindi è molto soggettiva. Tuttavia, tale processo segna la vita del maschio, visto che il testosterone ha anche una funzione metabolica molto importante (per il tessuto adiposo, per il metabolismo del glucosio e dell’osso, ecc) oltre la ben nota azione sull’attività sessuale.
Ci sono patologie che determinano il calo di quest’ormone maschile?
Come appena detto, il 100 per 100 delle donne dopo i 50 anni va in menopausa divenendo stabilmente ipogonadica, mentre per il maschio questo non si verifica e, se è presente, siamo di fronte a una patologica clinicamente conclamata che richiede la terapia sostitutiva con il testosterone. Tuttavia, vi sono patologie che facilitano la caduta del testosterone totale e, in particolare, della sua frazione libera (cioè quella metabolicamente attiva), indicando una condizione di compromissione dello stato di salute. Patologie come l’obesità, ipercolesterolemia, ipertensione, la sindrome metabolica, il diabete mellito conclamato, le malattie cardiovascolari, la sindrome delle apnee notturne, l’insufficienza renale cronica o la depressione hanno un ruolo importante nel determinare il calo del testosterone.
Quali sono le conseguenze?
In accordo alle linee guida internazionali, quando il valore del testosterone, misurato al mattino in più occasioni (almeno 2 volte), risulta essere inferiore ai 280ng/dl si parla d’ipogonadismo conclamato ma non di andropausa. I sintomi specifici che si accompagnano a tale calo sono quelli legati ai disturbi della sfera sessuale: calo del desiderio, riduzione delle erezioni mattutine e soprattutto la disfunzione erettile. Tuttavia, una condizione di deficit di testosterone può minare il metabolismo di diversi organi o apparati facilitando così la persistenza di malattie metaboliche importanti (obesità, sindrome metabolica, diabete mellito, osteoporosi, ecc) e delle loro gravi complicanze e sequele come ad esempio l’arteriosclerosi, le malattie cardiovascolari con gli eventi acuti e le fratture ossee.
Quanto è importante lo stile di vita?
In assenza di patologie importanti, un corretto stile di vita può mantenere nel tempo un buon livello di testosterone nel sangue. Occorre seguire un sano regime alimentare, fare regolare attività fisica per controllare il peso, così facendo si hanno buone probabilità di tenere nei giusti valori il testosterone. L’obesità è sicuramente tra i peggiori nemici del testosterone, combattendola con un giusto regime alimentare e stile di vita il livello di testosterone se ridotto s’innalza in maniera proporzionale alla perdita del peso.
Anche astenersi dal fumare e dal bere è importante. L’alcool influenza negativamente il metabolismo del fegato: le patologie legate al fegato si associano frequentemente alle malattie metaboliche e sessuali. Fumare invece compromette il sistema vascolare e neurologico che hanno entrambi un ruolo importante per ottenere una valida erezione.
Se si rispetta uno stile di vita sano si avrà una naturale riduzione del testosterone dovuta all’età, e difficilmente si dovrebbero raggiungere quei valori plasmatici che comunemente identificano la condizione l’ipogonadismo conclamato.
Qual è la terapia?
In presenza di ipogonadismo conclamato sia nel maschio sia nella donna (la cosiddetta menopausa precoce, cioè una condizione di ipogonadismo che s’instaura nel periodo in cui la donna è normalmente fertile, prima dei 40 anni) bisogna intervenire con una terapia adeguata sostitutiva. Il testosterone è importante non soltanto a livello sessuale, ma è in grado di sostenere un efficiente metabolismo glicidico, lipidico e dell’osso. La terapia va adeguata alle caratteristiche cliniche del caso, soprattutto va intrapresa se il soggetto è ancora in buona salute, poiché ha una spettanza di vita importante e non risulta fragile o affetto da gravi patologie scompensate. Nelle mani di esperti la terapia con testosterone non presenta importanti effetti indesiderati, ma richiede un monitoraggio della concentrazione dei globuli rossi nel sangue, del PSA (marcatore della prostata) e una visita delle caratteristiche morfologiche della prostata.
Esistono numerosi prodotti di testosterone che sono caratterizzati sia dalle via di somministrazione (orale, intramuscolare, transcutanea, ecc.) sia dalla loro durata nel sangue. Quella per via orale è stata del tutto abbandonata per la scarsa efficacia del prodotto, mentre quella somministrata per via intramuscolare a base di esteri del testosterone può essere somministrata ogni tre settimane. Sebbene poco costosa, causa una importante variabilità dei livelli circolanti dell’ormone, essendo spesso al disopra di quelli fisiologici (> 1000 ng/dl) nella prima settimana dopo la somministrazione, mentre risultano ridotti nella terza settimana. I nuovi prodotti in commercio sono in grado di mantenere i tassi circolanti di testosterone stabili nel corso della giornata e possono essere somministrati per via cutanea, giornalmente. Infine, si segnala che è in commercio un prodotto iniettivo per via intramuscolare (testosterone undecanoato), che presenta una lunga emivita e che richiede una somministrazione ogni 12 settimane. Si è visto che dopo le prime somminstrazioni, il valore plasmatico del testosterone rimane stabile per tutto il corso della terapia. Purtroppo questi ultimi farmaci sono distribuiti sul nostro territorio in fascia C cioè non rimborsabili dal Sistema Sanitario. Tuttavia, grazie all’opera delle Società Scientifiche e soprattutto della SIAMS, in alcune regioni del nostro Paese (la Toscana, il Veneto, le Marche, ecc) tale terapia viene rimborsata dal Sistema sanitario a tutti i pazienti che presentano una condizione di ipogonadismo conclamato indipendentemente dall’età di insorgenza, mentre in altre regioni (per esempio la Puglia) i nuovi prodotti a base di testosterone vengono rimborsati solo a quei pazienti affetti da malattie rare che causano uno stato di ipogonadismo stabile che insorge molto tempo prima della pubertà.
Eliana Canova
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