Leggete questi titoli: La ruga del cretino e l’anomalia del cuoio capelluto, Sulla cortezza dell’alluce negli epilettici e negli idioti, L’uomo delinquente. Sono alcune delle opere firmate da Cesare Lombroso, che morì a Torino esattamente un secolo fa. Proprio in occasione dell’anniversario, a Torino dal 27 novembre riapre al pubblico il Museo di antropologia criminale a lui dedicato: una collezione unica con disegni, fotografie, corpi di reato e produzioni artistiche (fai una visita virtuale del museo).
Oggi le ipotesi lambrosiane appaiono assurde e ridicole, ma non c’è dubbio che abbiano lasciato un segno nella cultura popolare. Misurando crani e confrontando fronti in un avvitarsi di definizioni pseudoscientifiche, l’antropologo sfornò teorie che pretendevano di identificare dalla faccia i tipi naturalmente predisposti al crimine e alimentavano la fiducia nella fisiognomica, quella disciplina che mira a dedurre i caratteri psicologici e morali di una persona dal suo volto.
A cent’anni dai funerali di Lombroso, vanno seppelliti senza rimpianti gli sciocchezzai razziali e le illusioni di schedare gli uomini in base a un naso o a una bocca. Ma non si può non menzionare un filone di ricerche, nelle università di mezzo mondo, che collegano tratti del viso e caratteristiche della persona. Le più accreditate, in soldoni, dicono: i duri ce l’hanno scritto in faccia.
Ha il viso largo l’uomo che non deve chiedere mai
Nel dipartimento di neuroscienze comportamentali della Brock University, Ontario (Canada), l’identikit dell’uomo che non deve chiedere mai è stato confermato in laboratorio.
Avete in mente i giocatori di hockey, giudicati fra gli atleti più aggressivi nei confronti degli avversari? Bene, gli psicologi canadesi della Brock University hanno preso le misure di 126 professionisti della serie A. Non quelle del corpo: solo del viso. Come? Metro alla mano, hanno determinato le distanze tra i lineamenti della loro faccia. Quindi hanno somministrato a ciascuno di loro un questionario psicologico studiato per evidenziare gli eventuali tratti di personalità dominante e un test finalizzato a smascherare le reazioni violente in alcune situazioni.
I risultati, pubblicati sulla rivista Proceedings of the royal society, mostrano che i professionisti noti per fare un gioco duro (in media stanno fuori campo due minuti per i falli commessi) hanno le facce più larghe che lunghe: per la precisione, in loro il rapporto tra larghezza (distanza fra gli zigomi) e altezza (fra labbro superiore e sopracciglia) è superiore a due, mentre negli altri maschi in media è di 1,6.
In genere gli uomini hanno facce più larghe rispetto alle donne: è una differenza che emerge nella pubertà, quando nei maschi i testicoli cominciano a produrre alti livelli di testosterone. La correlazione fra visi schiacciati e aggressività è confermata anche da altri studi, che segnalano un alto livello di testosterone nella saliva degli uomini con le facce larghe.
Il mento squadrato non ispira fiducia
Molti studi sulla percezione suggeriscono che le caratteristiche del viso influenzano il giudizio altrui: insomma, la faccia fa il monaco. All’Università scozzese di Saint Andrews hanno verificato come i tratti mascolini abbiano un impatto negativo su chi li osserva.
«Mento squadrato, mascella pronunciata e fronte spaziosa, unite a naso grosso e a occhi piccoli sono indice, a prima vista, di un carattere dominatore che al momento non ispira fiducia, anche se poi non è così nella realtà», spiega Elizabeth Cornwell, la psicologa che ha condotto la ricerca. Viceversa, occhi grandi, naso piccolo e labbra sottili infondono più sicurezza.
Gli scienziati hanno manipolato le foto di alcuni politici inglesi, tra cui Tony Blair, e le hanno mostrate a un centinaio di volontari, chiamati a esprimere a bruciapelo il loro giudizio. Che era sempre negativo nel caso in cui le foto erano state ritoccate in modo da rendere i volti più virili.
Ma perché accade? Prova a spiegarlo Cornwell: «I tratti più mascolini sono associati a un livello alto di testosterone e a una potenza sessuale maggiore nell’età dello sviluppo. Nell’età adulta, invece, suggeriscono un’indole aggressiva e un comportamento predominante».
Il tipo virile a lei pace solo nei giorni fertili
Alle donne quale tipo di uomo piace di più? Dipende dal carattere, dai desideri, dalle aspettative di ciascuna. Ma anche dal periodo del ciclo in cui avviene l’incontro. Parecchie ricerche confermano come il fascino dei duri, quelli con il volto più virile, sia avvertito nei giorni fertili.
«Durante l’ovulazione le donne sono attratte dagli uomini con la classica mascella squadrata e il volto largo», dice il sessuologo Emmanuele A. Jannini (puoi chiedergli un consulto), coordinatore del corso di laurea in sessuologia all’Università dell’Aquila, dove è stata condotta una ricerca su questo tema.
«Quei tratti denotano una maggiore produzione di testosterone e in teoria, fin dalla notte dei tempi, dovrebbero garantire i geni migliori per la riproduzione. Ma negli altri momenti del ciclo mestruale, questi stessi uomini saranno scartati dalle donne in favore di maschi dai lineamenti dolci, ritenuti più adatti a rispondere agli altri bisogni femminili, tra cui quelli di accudimento».
Mascella delineata, più testosterone
Partner fantastico per una notte d’amore o padre di famiglia ideale? Secondo una ricerca dell’Università di Chicago, condotta dal biologo evolutivo Dario Maestripieri e pubblicata sulla versione online della rivista Proceedings of the royal society, alle donne basta un’occhiata per capire che tipo d’uomo si trovano davanti.
Lo studio ha analizzato il livello di testosterone in 39 volontari maschi tra i 18 e i 33 anni, attraverso campioni di saliva. Poi è stato valutato con una serie di test il grado di interesse di questi uomini verso i bambini. Quindi gli scienziati hanno mostrato le foto degli uomini a 29 donne, chiedendo loro di indicare chi avrebbero scelto per un’avventura e chi per una relazione stabile e infine chi, secondo loro, aveva una passione per i bimbi.
Il risultato è stato sorprendente. «Nella maggior parte dei casi le donne sono riuscite a capire quali erano gli uomini più interessati ai figli soltanto con uno sguardo», spiega Maestripieri. «Ed era chi aveva un’espressione amichevole e un viso dai tratti dolci, più infantili o leggermente femminei». Gli stessi che avevano mostrato, nel test iniziale, i livelli più bassi di testosterone.
«Volti dalle caratteristiche più marcate, con occhi piccoli, ossatura più forte, mascella più delineata, venivano presi in considerazione per l’avventura di una sera ed erano quelli che avevano evidenziato anche i livelli di testosterone maggiori», conclude Maestripieri.
Il fusto? Le donne lo scelgono per una notte e via
A confermare che il marito perfetto ha i tratti femminili c’è anche un’altra ricerca americana, dell’Università del Michigan. I ricercatori hanno sottoposto a 850 donne alcune foto di uomini modificate al computer e hanno chiesto loro di giudicare che tipo di partner potesse essere quello ritratto. Per la maggior parte delle donne, i mascelloni venivano indicati come compagni di breve durata, da una notte e via, mentre quelli con volti più gentili come papabili mariti/padri.
La spiegazione? L’uomo col naso piccolo, le sopracciglia leggere e la bocca carnosa, dai lineamenti femminili, insomma, è ritenuto più affidabile perché identificato come compagno sensibile e leale, capace di garantire un rapporto di coppia che sia paritetico e pieno di collaborazione: dai fornelli ai pannolini.
L’aggressività si misura dalle dita delle mani
E i duri si riconoscerebbero anche dalle mani, non solo dalla faccia. Da uno studio dell’Università canadese di Alberta risulta che gli individui con il dito indice più corto dell’anulare sarebbero più aggressivi. In particolare, arriverebbero alle mani con più facilità degli altri.
L’indagine, pubblicata sulla rivista Biological psychology, è stata condotta su un campione di 300 studenti dell’ateneo. Gli scienziati stanno ancora cercando di elaborare una teoria che spieghi la correlazione.
Peter Hurd, professore associato di psicologia e responsabile della ricerca, propone di estendere l’indagine allo sport, per verificare se esiste un rapporto fra la lunghezza dell’indice degli atleti e il numero di falli registrati nelle partite di hockey sul ghiaccio, sport particolarmente adatto per misurare i livelli di aggressività di chi lo pratica.
Amanda Giobbe – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 27 novembre 2009