La solidità matrimoniale è sostanzialmente sconosciuta nel regno animale. Anzi, la maggior parte di ciò che si muove su questo pianeta non concepisce né il matrimonio né la coppia, se non durante l’atto della copula. Figuriamoci se la Natura si pone il problema delle crisi matrimoniali che affliggono molte, moltissime coppie della nostra specie.
L’ossitocina e la vasopressina
Cosa ci rende fedeli? Solo e semplicemente una coppia di ormoni: l’ossitocina e la vasopressina, che vengono prodotti in una zona profonda del cervello dei mammiferi, l’ipotalamo e l’ipofisi posteriore. Se c’è tanta ossitocina e vasopressina il matrimonio è granitico, se mancano questi ormoni, il matrimonio si sgretola.
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Settimo anno: motivi per lasciarsi
Se ci si sceglie (e ci si tradisce) per motivi che sotto sotto sono soprattutto riproduttivi, è anche vero che per gli stessi motivi ci si può lasciare. Non è un caso se, praticamente in tutte le culture, la prima causa di separazione è l’adulterio, e la seconda la sterilità. Abusi e incomprensioni vengono dopo. Spesso comunque i reciproci interessi non coincidono, oppure non coincidono più perché le circostanze sono cambiate. Quando gli svantaggi di una relazione diventano troppo grandi, oppure ci sembra che insieme a un’altra persona le cose possano andare meglio, e le circostanze sociali ed economiche lo permettono, ci si lascia.
Separarsi può essere uno degli eventi più traumatici della vita. Quasi ovunque, però, a eccezione di due sole tradizioni culturali e religiose che ne hanno dato un giudizio morale negativo, quelle degli antichi Incas e quella cattolica, la cosa viene accettata come uno dei possibili tristi fatti della vita.
Sorpresa: l’anno critico è il quarto
Che però molte separazioni abbiano qualcosa in comune è un’osservazione antica, cristallizzata in luoghi comuni come quello, famoso, della crisi del settimo anno. Cercando di verificare quanto ci fosse di vero, un’antropologa americana, Helen Fisher, ha scoperto sulle separazioni cose molto interessanti. Innanzitutto, controllando le statistiche matrimoniali raccolte dalle Nazioni Unite a partire dal 1947, ha scoperto che un anno di crisi effettivamente c’è, ma non è il settimo. Quasi in tutti Paesi, dall’Ecuador alla Mongolia, dalla Sierra Leone alla Nuova Zelanda, l’anno durante il quale si rompono più matrimoni è il quarto. Il dato è confermato anche dagli etnologi: è vero persino tra popolazioni primitive come i boscimani del Kalahari o gli Yanomamo dell’Amazzonia.
Tratti comuni in tutto il pianeta in tema di separazioni
L’analisi delle statistiche ha poi rivelato che nonostante le enormi differenze di cultura, ricchezza, stile di vita, e anche di frequenza di separazioni esistenti tra le diverse regioni del mondo, quando si tratta di rompere un matrimonio ci sono alcuni tratti comuni ricorrenti.
Non è detto però che lo stare insieme molti anni crei di per sé la crisi matrimoniale. Anzi, i dati dicono che è più facile che ci si separi molto presto, in genere da giovani. Quando si supera il fatale quarto anno, le probabilità di lasciarsi diminuiscono rapidamente. Nel 40% dei casi la separazione avviene quando non ci sono ancora figli e nel 26% se ce n’è uno solo: man mano che aumenta il numero dei figli, le probabilità di lasciarsi diminuiscono rapidamente. E chi si separa si risposa in genere entro tre anni. Ma perché le nubi si addensano proprio sul fatidico quarto anno?
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Il figlio come collante di coppia
L’arrivo di un figlio funziona in genere come un potente collante della coppia. Almeno nei primi anni, quando il piccolo è del tutto dipendente dai genitori, marito e moglie devono restare soci in un progetto comune per tramandare i loro geni di importanza letteralmente vitale, sul quale hanno già investito moltissimo. È quando il piccolo supera i tre anni che l’unione può essere rimessa in discussione. È l’età in cui, specialmente nelle società primitive, cioè quelle nelle quali si è plasmata la natura umana, che il piccolo comincia a diventare meno dipendente. Tre anni, più nove mesi di gestazione, e siamo nel fatale quarto anno.
Più figli nascono, invece, più forte diventa il legame della coppia perché l’investimento sui figli è diventato ormai troppo grande.
Il matrimonio, insomma, è sotto sotto sempre un matrimonio d’interesse. Anche se, in questo caso, l’interesse è quello della natura che ha dettato questi comportamenti. Gli stessi psicologi confermano poi che il segreto di un matrimonio riuscito consiste nel capire che il matrimonio è un gioco di squadra, e non un gioco tra squadre avversarie. Ma non sempre succede.
Quando le coppie restano insieme
Fin qui i matrimoni che scoppiano. Ma che succede alle coppie che rimangono insieme? I sessuologi lo sapevano da un pezzo, ma ora l’hanno scoperto anche i media. Newsweek annuncia atterrito che un quinto dei coniugi fa l’amore meno di dieci volte l’anno. Ma forse le cose, viste dall’osservatorio dello scienziato del sesso, stanno anche peggio.
L’abitudine, lo sappiamo bene, è nemica del sex appeal. Non sono molte le coppie fortunate che riescono a far l’amore tutta la vita con la passione degli inizi. Gli anni passano, gli ormoni calano, i gesti si ripetono e dai vertici del sesso-passione si scivola al quasi non-sesso del matrimonio consolidato. E il libidogramma ne è l’inesorabile misura.
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Il libidogramma
Il libidogramma non è altro che un grafico che ciascuna coppia può costruire da sé. Metteremo sulle ordinate il numero dei rapporti al mese e sulle ascisse gli anni di matrimonio. Molte coppie ricordano l’anno zero con un bel picco anche superiore ai venti rapporti mensili, che poi diventano dieci, appena trascorsi i furori (e la curiosità) iniziali, per poi impercettibilmente plafonarsi a otto, cioè i tradizionali due rapporti a settimana.
Ma non dura a lungo. Figli, viaggi, lavoro, malattie, stress, preoccupazioni, magari amanti (ma questa è un’altra storia) fanno sì che dal plateau degli otto impercettibilmente ma inesorabilmente si scivoli verso un altro gradino più basso, quello dei quattro rapporti al mese. Alla frequenza di un rapporto a settimana molte coppie si stabilizzano ma molte altre cercano disperatamente di rimanerci aggrappate, sovente senza successo. E qualche volta gli ultimi anni matrimoniali registrano valori negativi, inferiori cioè a un rapporto al mese: libidogramma piatto. Silenzio in camera da letto. «DeadBedrooms», per gli americani che ne hanno fatto una social community sul web.
La buona notizia
La buona notizia è che questo desolante scenario non è una condanna definitiva. Anche le coppie che più hanno rinunciato al dialogo sessuale possono riprenderlo. Il trucco è semplice e apparentemente banale: è sufficiente ricominciare a far sesso, magari aiutandosi con una mentina dell’amore quando è necessario o con un lubrificante vaginale in menopausa (il sessuologo medico è lì per indicare quali sono gli aiuti farmacologici più efficaci e convenienti e quando sono veramente necessari) perché la macchina del desiderio si rimetta in moto. Sappiamo infatti che il carburante di questo motore, il testosterone, in entrambi i sessi diminuisce quando non si fa sesso e risale quando si ricomincia a farlo. Si trasforma così un circolo vizioso (poco sesso = sempre meno sesso) in un circolo virtuoso (più sesso = sempre più sesso). Basta per salvare un matrimonio scricchiolante? Molte volte sì. Anche perché è stato scoperto che, guarda caso, durante l’orgasmo cosa si produce se non l’ossitocina, così determinante per cementare il matrimonio e generare l’attaccamento?
Si torna a fare sesso
Se con il passare degli anni di matrimonio la frequenza dei rapporti sessuali tende inesorabilmente a calare, una recente ricerca statunitense pubblicata sulla rivista Archives of Sexual Behaviour ridà speranza alle coppie più longeve. Secondo questo studio condotto su oltre 1.600 adulti sposati con età compresa fra i 57 e gli 85 anni, al fatidico traguardo delle nozze d’oro si vive un inaspettato ritorno di fiamma. Chi vive abbastanza a lungo per festeggiare i 50 anni di matrimonio, infatti, riesce a riscattare anni di serate apatiche passate davanti alla tv: la frequenza di rapporti sessuali fa segnare una piccola ripresa.
Impossibile tornare ai livelli dei neo-sposini, ovviamente, ma a quanto pare sotto le lenzuola tornano l’intesa e la serenità. Ciò nascerebbe dalla progressiva crescita della coppia, che aumenta l’esperienza e la conoscenza reciproca: si impara dal partner e su queste basi si costruisce il rapporto nel tempo, spiegano i ricercatori. Probabilmente aumenta la fiducia quando realizzi che il tuo coniuge non rischia di scappare da un momento all’altro ma è lì per restare. Pensare che la relazione è destinata a continuare può dare una ragione in più per investire sulla coppia, e anche sul sesso.
Emmanuele A. Jannini
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