Mucchi di quotidiani e riviste che non si buttano mai. Abiti che non si indossano più ma che restano a ingolfare gli armadi. La mania ha un nome: gli psichiatri americani la chiamano hoarding, sindrome dell’accumulo. A soffrirne, tra gli altri, l’attrice e cantante Lindsay Lohan, che ha rivelato al programma televisivo Usa The Insider come ogni angolo di casa sua debordi di scarpe, vestiti, sciarpe, al punto da non potere camminare, fra mille scatoloni accatastati per terra.
Perché si tengono le cose inutili
Gli accumulatori seriali come lei sanno che dovrebbero liberarsi di tutta quella roba ma non ci riescono. Non si tratta di conservare un tailleur d’annata, utile in tempi di crisi o di moda vintage, o di conservare il biglietto di quel concerto che rimanda a ricordi indimenticabili.
Nei casi patologici ogni cosa viene conservata. Come mai? «Riempirsi la casa di oggetti inutili rivela un’insicurezza di fondo, un ipercontrollo che sconfina nell’ossessione», spiega Roberto Pani (puoi chiedergli un consulto), professore di psicologia clinica e psicopatologia all’Università di Bologna, specializzato nelle dipendenze senza droghe. «È tipico delle persone anziane, che rifiutano di buttare via non solo fotografie e libri che hanno segnato la loro vita, ma persino le medicine scadute. È come se dare una ripulita alla soffitta equivalesse a svuotare di senso tutta la propria esistenza, non riuscendo a selezionare le cose davvero preziose».
Ma riguarda anche 30-35enni che non hanno ancora definito bene la propria personalità. In questi casi, tendono a riempirsi di feticci volti a sottolineare la propria identità maschile o femminile. Tanto per fare un esempio, le donne hanno un portascarpe stracolmo, gli uomini una cassetta degli attrezzi che trabocca di fili elettrici.
Ma quando questo accumulo è una mania con cui si può convivere, ridimensionandola con piccoli accorgimenti, e quando è invece il segnale di una patologia da curare?
Come liberarsi dall’ossessione
«Il campanello d’allarme suona se la casa diventa invivibile per la quantità di vestiti, giornali, scatole e quant’altro che invadono ogni stanza», dice Roberta Rossi, docente di psicopatologia del comportamento sessuale alla Sapienza di Roma. «Per intervenire sull’ossessione può essere utile una psicoterapia, che faccia riemergere il significato di quelle parti di sé, magari simbolizzate da uno scontrino usato, da cui non ci si stacca».
Se la compulsione a conservare è limitata, ci si può fare forza da soli. «Si può cominciare a dare via un vecchio top e accorgersi che la propria vita non ne è sconvolta», suggerisce Rossi. «Poi si continua a selezionare sempre di più».
Gilda Lyghounis – OK La salute prima di tutto
Ultimo aggiornamento: 14 settembre 2010