Addestrare il sistema immunitario ad attaccare se stesso per combattere una malattia autoimmune. Si basa su questa dinamica la nuova strategia per curare le patologie autoimmuni sviluppata in uno studio dell’Università della Pennsylvania e pubblicato sulla rivista Science. La ricerca, a cui hanno contribuito anche alcuni ricercatori italiani dell’Idi di Roma, ha elaborato un approccio innovativo per curare in particolare una malattia bollosa autoimmune potenzialmente mortale dal nome pemfigo vulgaris.
In questa patologia, i linfociti B del sistema immunitario iniziano a produrre degli anticorpi che attaccano la “colla” che tiene unite le cellule della pelle. Le conseguenze, da cui deriva l’aggettivo “bollosa”, sono molto gravi e possono essere mortali: vesciche iniziano a proliferare sulla cute e sulle pareti di bocca, gola e genitali. Oggi la malattia viene trattata con dei farmaci che calmano l’intero sistema immunitario, ma questa strategia lascia il paziente vulnerabile ad altre infezioni.
Anche se per ora i test sono stati svolti solo sui topi, il nuovo studio ha dimostrato che attraverso un’ingegnerizzazione ad hoc dei linfociti T (fondamentali per l’immunità cellulare) si possono eliminare selettivamente i linfociti B che causano la pemfigo vulgaris. Gli esperimenti sui topi hanno mostrato che la formazione di vesciche può essere bloccata senza alcun impatto sul resto del sistema immunitario.
Si tratta di una vera e propria “guerra civile” interna che, secondo i ricercatori americani, potrebbe funzionare anche nelle persone e anche per altre patologie autoimmuni. Utilizzare il sistema immunitario come arma per combattere la malattia, infatti, sta già producendo notevoli risultati nella lotta contro il cancro.
«Un risultato incredibilmente eccitante» ha dichiarato alla BBC Michael Milone, uno dei ricercatori. «Abbiamo strumenti per manipolare l’immunità che non abbiamo mai avuto prima. L’immunoterapia sta cambiando il trattamento del cancro, e siamo solo all’inizio per le malattie autoimmuni». Prima di procedere ai trial sui pazienti, però, il team della Pennsylvania vuole fare più studi sugli animali e provare la cura della patologia autoimmune sui cani.
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