L’epilessia, che in Italia riguarda circa 500.000 persone, è la patologia neurologica più frequente. È caratterizzata dalla ricorrenza di crisi epilettiche, una sorta di cortocircuito di un’area cerebrale della durata di qualche minuto. Ci sono molti tipi di crisi e molti tipi di epilessie che si possono presentare in qualsiasi fascia di età. L’incidenza massima è nei primi 18 anni, con un picco nel primo anno di vita.
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Epilessia: quali sono i sintomi
Le crisi epilettiche si distinguono in focali e generalizzate. Le prime, a seconda della zona della corteccia cerebrale coinvolta, sono caratterizzate da sintomi soggettivi inaugurali (un disturbo visivo o uditivo o sensitivo o una sintomatologia gastrica ascendente), seguiti da manifestazioni motorie tipo automatismi o scosse. Le crisi generalizzate si presentano per lo più con un’improvvisa perdita di conoscenza, caduta a terra, rigidità, scosse e, a seconda delle circostanze in cui avvengono, possono mettere a rischio il paziente.
Epilessia: cos’è e come riconoscerla senza crisi convulsive
Una crisi epilettica può essere fatale?
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità è bene conoscere le possibili complicanze dell’epilessia che, tuttavia, sono rarissime. La prima è il cosiddetto “stato epilettico”, che si verifica quando le crisi si susseguono in continuazione per più di 20 minuti e la persona non riprende conoscenza tra un episodio e l’altro. Questa condizione, se non adeguatamente trattata, può apportare danni permanenti al cervello e comportare un rischio di morte. La seconda, invece, è la morte improvvisa inspiegabile nell’epilessia (SUDEP): anche se la causa è tuttora sconosciuta, i ricercatori ipotizzano che il decesso fulmineo, che spesso segue una crisi, sia provocato da malattie cardiache o respiratorie concomitanti. A portare al decesso, quindi, non è la crisi epilettica in sé ma altri fattori simultanei.
Quali sono le cause?
Nel bambino le cosiddette epilessie idiopatiche età-dipendenti sono legate a una predisposizione genetica e guariscono nella maggioranza dei casi, talvolta senza trattamento farmacologico. Altre epilessie hanno cause genetiche note e altre ancora, definite sintomatiche, sono provocate da lesioni acquisite in epoca pre, peri o postnatale, come le malformazioni cerebrali, gli esiti di gravi infezioni del sistema nervoso centrale, i traumi cranici o i disturbi vascolari. Infine, esistono epilessie associate a malattie neurologiche genetiche, metaboliche, degenerative e autoimmuni.
Cosa può scatenare una crisi epilettica?
Come si cura?
L’epilessia guarisce in circa il 70% dei casi. Numerosi sono i farmaci antiepilettici in commercio, di vecchia e nuova generazione. I primi rimangono la prima linea del trattamento, i secondi, pur non avendo ridotto in modo significativo la percentuale di pazienti farmacoresistenti, hanno una tollerabilità e maneggevolezza migliori. Negli ultimi anni la ricerca si sta concentrando sulle basi molecolari dell’epilessia e sull’utilizzo di principi attivi non convenzionali nel trattamento di alcune sindromi epilettiche severe del bambino. Circa il 10% dei pazienti con epilessia farmacoresistente presenta un’epilessia focale candidabile alla chirurgia. Prerequisiti per intraprendere un iter prechirurgico sono la presenza di crisi monomorfe, non controllate da un’appropriata terapia farmacologica, riconducibili a un’area della corteccia cerebrale aggredibile chirurgicamente senza rischio di deficit neurologici maggiori. L’indicazione chirurgica va posta precocemente per evitare la compromissione di quei network cognitivo-comportamentali che garantiscono uno sviluppo normale e per garantire una migliore qualità di vita.
Focus a cura di Clementina Boniver, Specialista in Pediatra e Neuropsichiatra infantile ed epilettologa presso l’Università degli Studi di Padova
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