Qual è la dieta contro il tumore alla prostata? Un’alimentazione ricca di frutta, verdura, frutta secca e cereali integrali può quasi dimezzare le possibilità di far progredire questo carcinoma. Ancora una volta una ricerca scientifica ha confermato quanto gli stili di vita possano incidere sulla prevenzione dei tumori e sul miglioramento dell’efficacia delle terapie. Si possono leggere i risultati sulla rivista scientifica JAMA Network.
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Dieta contro il tumore alla prostata: rischio peggioramento diminuisce del 47%
Secondo gli esperti assumere alte dosi di antiossidanti e composti antinfiammatori abbassa il rischio di cancro alla prostata, ma anche di una veloce progressione qualora ci si fosse ammalati.
I ricercatori hanno analizzato oltre 2.000 uomini con tumore alla prostata ai primi stadi. Sono stati seguiti per più di sei anni per quanto riguarda dieta e stili di vita. Coloro che seguivano una dieta ricca di frutta e verdura, frutta secca e cereali integrali avevano il 47% in meno di probabilità di vedere il tumore progredire, rispetto a quelli che non ne mangiavano a sufficienza.
Dieta contro il tumore alla prostata: bene anche con la dieta mediterranea
Già una ricerca precedente aveva dimostrato che seguire una dieta mediterranea, che include anche gli omega 3 contenuti nel tonno e nel pesce azzurro, rallentasse la progressione del tumore.
Mangiare meno carne e latticini aiuta anche a limitare i più comuni effetti collaterali che vivono i pazienti con tumore alla prostata. I principali sono il non controllo della vescica e la disfunzione erettile.
I numeri del carcinoma in Italia
Nel 2023 ci sono stati circa 41.100 nuovi casi di tumore alla prostata solo in Italia. Le stime non lasciano bene sperare, visto che negli ultimi tre anni si è registrato un aumento delle nuove diagnosi del 14 per cento. Nel 2020 le stime parlavano infatti di 36.000 nuovi pazienti. Fortunatamente più del 60% dei pazienti riesce a sconfiggere definitivamente il carcinoma.
Anche se i numeri sono alti, le possibilità che questo tumore abbia un esito infausto è basso, soprattutto se si interviene in tempo con una diagnosi precoce. Nel 2020 è stata stimata una riduzione dei tassi di mortalità del 15,6 per cento. Anche i dati relativi al numero di persone ancora vive dopo cinque anni dalla diagnosi è in media il 92 per cento.