Il vaccino contro il tumore al pancreas sembra sempre più vicino. Nel campo della cura del tumore al pancreas la ricerca ha fatto un grande passo avanti. Tutto italiano. I ricercatori dell’Ospedale Molinette di Torino e i clinici del Centro Oncologico ed Ematologico Subalpino (Coes) hanno scoperto che in un’alta percentuale di pazienti sono presenti specifici anticorpi, non rilevabili nell’organismo di persone sane. Guidati dal professor Francesco Novelli, hanno approfondito la scoperta fino ad arrivare allo sviluppo di un vaccino.
La speranza di vita quando si è colpiti da questo tumore è molto bassa. Il tumore al pancreas resta tra i più aggressivi in assoluto. Questo proprio perché solo nel 7% dei casi è diagnosticato precocemente. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è pari soltanto all’8% in Italia e a circa il 6% nel resto del mondo.
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Vaccino contro il tumore al pancreas: anticorpi come segnali
«Abbiamo capito che la presenza degli anticorpi poteva essere un campanello d’allarme per la diagnosi precoce del tumore al pancreas» spiega il professore. Si sta parlando infatti di un carcinoma quasi del tutto asintomatico e difficilmente diagnosticabile in “tempi non sospetti”. «Ma non solo: la presenza degli anticorpi ci diceva anche che il sistema immunitario era in grado di capire quando nell’organismo si stava per sviluppare un tumore e che si preparava a contrastarlo».
Alfa enolasi: la proteina colpevole
Gli anticorpi rilevati dagli studiosi sono anti-alfa enolasi, cioè anticorpi che contrastano l’azione della proteina alfa enolasi. «Dati sperimentali ci dicono che questa proteina ha un ruolo importante nello sviluppo del tumore pancreatico» spiega Novelli. «Si tratta di un enzima che, se prodotto in grandi quantità, contribuisce all’espansione della cellula tumorale». Se si colpisce, elimina o riduce questa proteina, si può contrastare l’avanzata della neoplasia al pancreas. Oggi ha un’incidenza nella popolazione in aumento dell’1-2% all’anno. Chi riceve una diagnosi, spesso in fase avanzata, ha un tasso di sopravvivenza del 9% in cinque anni.
Il vaccino contro il tumore al pancreas
I ricercatori torinesi hanno capito che il loro sforzo non doveva focalizzarsi contro la proteina, ma sul sistema immunitario. Se, infatti, il sistema immunitario dei pazienti è in grado di riconoscere la proteina alfa enolasi, spia e motore del tumore al pancreas, e di contrastarla con la produzione di anticorpi e linfociti citotossici (potenzialmente capaci di distruggere le cellule tumorali), allora gli esperti hanno pensato che una potenziale soluzione potesse essere quella di mettere in moto il sistema immunitario per tempo. Come? «Con una vaccinazione che stimolasse la produzione di anticorpi. Sia in pazienti che sono già stati operati e possono avere delle recidive, sia in quei pazienti in cui vengono rilevati anticorpi alfa enolasi nel sangue e si prevede l’insorgenza del tumore al pancreas» spiega Novelli.
Lo studio in vivo
La sperimentazione, per ora, è stata condotta solo in vivo. «Abbiamo clonato il gene che codifica l’alfa enolasi e lo abbiamo inserito in un vettore vaccinando animali geneticamente predestinati a sviluppare il tumore pancreatico» spiega l’esperto. «I risultati sono stati ottimi: la sopravvivenza dei topolini vaccinati, rispetto a quelli che non l’avevano ricevuto, aumentava del 30 per cento. Rapportata al paziente umano, è una percentuale significativa perché si tradurrebbe in anni. Tenendo conto che oggi, a parte la chirurgia, non esiste alcuna cura in grado di allungare così tanto l’aspettativa di vita, si tratta di un risultato promettente».
Vaccino contro il tumore al pancreas: le prospettive di cura
Gli stessi risultati ora dovranno essere ottenuti e verificati anche sull’uomo. «Dobbiamo escludere l’eventuale tossicità di un Dna iniettato nei pazienti. Inoltre, vogliamo testare l’eventuale efficacia del vaccino in combinazione con altri farmaci, in particolari quelli chemioterapici. Nonostante il tumore al pancreas sia refrattario alla chemioterapia, abbiamo dati che ci dicono che la combinazione con la vaccinazione potrebbe rendere la cura più efficace. Infine, vorremmo trarre vantaggi anche dai farmaci di nuova generazione. La sinergia tra il vaccino e gli immunoterapici potrebbe prolungare l’effetto della vaccinazione».
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