È chiamato secondo cervello. Il primo a definirlo così, nel libro The second brain, è stato lo scienziato Michael D. Gherson, professore di patologia e biologia cellulare della Columbia University. L’esperto ha osservato come il comportamento dell’intestino sia in parte indipendente dagli impulsi della nostra testa. A volte, però, questo secondo cervello s’inceppa e non espleta come dovrebbe le sue funzioni. Questo blocco si chiama stipsi (dal greco styphein, che vuol dire stretto) o più comunemente stitichezza. Colpisce, in forma acuta o cronica, il 15% della popolazione, le donne in misura maggiore degli uomini.
Il legame intestino-cervello
«L’intestino», spiega Tino Casetti, primario emerito di gastroenterologia all’ospedale di Ravenna, «è stato paragonato al cervello proprio perché ha un altissimo numero di cellule di controllo con tantissime connessioni. Un tempo si sosteneva che la stitichezza fosse figlia dell’ansia e della depressione, oggi l’origine psicosomatica ha un’accezione un po’ più articolata del passato. Esiste, certo, un collegamento biologico oltre che psicologico tra intestino e cervello, perché le funzioni intestinali si devono confrontare con la centrale di controllo che sta nel cervello, che a sua volta deve correlare una miriade di informazioni e dare gli input giusti a tutta la filiera di eventi che dovranno assicurare le funzioni intestinali.
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Un intestino considerato normale deve evacuare il contenuto non meno di due o tre volte la settimana e non di più di tre volte al giorno, con una gamma di normalità quindi molto ampia. A volte, però, problematiche esterne o interne possono “imballare” il sistema».
Un problema da non sottovalutare
A quel punto, un processo naturale diventa molto complicato. A parte il fastidioso gonfiore di cui si sente parlare anche in certe pubblicità televisive, la ridotta frequenza di evacuazioni si associa alla presenza di feci dure, a sforzi eccessivi che possono provocare prolassi o irritazione delle emorroidi, a blocchi anali, fino a casi estremi – ma anche piuttosto rari – di occlusione intestinale, dovuta alla presenza di accumulo di feci (fecaloma), che può causare ischemia rettale e quindi mancanza di afflusso di sangue. Non solo. Quando non è spiegabile con patologie già confermate e come conseguenza dell’uso costante di farmaci stipsizzanti (analgesici, anestetici e soprattutto antidepressivi), la scarsa evacuazione può essere anche sintomo di malattie più gravi, come tumori del colon, malattia di Parkinson, diabete o anoressia, «soprattutto», precisa lo specialista, «se insorge all’improvviso o si accompagna ad altri sintomi di allarme quali anemia, sanguinamento rettale, perdita di appetito e di peso». In questi casi, sono dunque necessari controlli approfonditi ed esami accurati presso uno specialista.
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Olio d’oliva Re della tavola
Per fortuna, però, il più delle volte la stitichezza è solo un fenomeno transitorio, dovuto a cause facilmente risolvibili – e prevenibili – in primo luogo migliorando la qualità della nutrizione.
Scarsa idratazione e cattiva alimentazione sono infatti al primo posto nella lista dei responsabili della stipsi (almeno in chi non soffre di altre patologie). Sulla nostra tavola – che dovrebbe essere apparecchiata sempre a orari regolari – dovremmo mettere sempre frutta, verdura, legumi e soprattutto tanta acqua, mentre dovremmo ridurre – ma non eliminare del tutto – carni rosse, grassi e zuccheri. Lo conferma anche lo specialista. «Non ci sono alimenti in particolare che vanno assolutamente evitati in caso di stipsi, però in ogni pasto non deve mai mancare un adeguato apporto di fibre varie (circa 30 grammi al giorno) e di liquidi (almeno un litro e mezzo), unitamente a un generoso consumo di olio di oliva a crudo, come da piramide alimentare della dieta mediterranea. Sempre tenendo conto che le fibre possono incrementare il meteorismo, soprattutto se l’apporto di acqua non è adeguato, non ci sono tipologie di frutta o di verdura da scartare o da preferire ad altre. E anche per quanto riguarda semi di lino o altri semi, che oggi vanno per la maggiore, non ci sono raccomandazioni o esclusioni specifiche: si può assumere ciò che si gradisce». E il classico bicchiere di vino? «Vino e alcolici», prosegue Casetti, «si ritengono in grado di migliorare la digestione perché rallentano lo svuotamento gastrico, ma non hanno effetti significativi sul transito intestinale».
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La camminata è utile
Questi consigli sono utili anche in caso di stipsi da viaggio. Quante volte, infatti, durante una vacanza o una trasferta di lavoro, a causa di orari sballati o cambio di alimentazione, capita di «bloccarsi» per qualche giorno? In quel caso, suggerisce l’esperto, «è assolutamente indispensabile aumentare l’introito di fibre (soprattutto frutta e verdura fresche) e di liquidi, anche oltre il litro e mezzo canonico, non dimenticare di mettere in valigia i lassativi abituali e approfittare di ogni momento utile per muovere i muscoli». Un valido aiuto contro la stitichezza, infatti, arriva proprio dall’attività fisica. Corsa, nuoto, ciclismo ma anche yoga, pilates, ballo o perfino solo una lunga passeggiata. Muoversi fa muovere anche l’intestino. «L’attività fisica è correlata al miglioramento del transito intestinale, quindi una vita attiva aiuta molto in caso di stipsi», spiega Casetti, che suggerisce di praticare «attività sportive semplici e aerobiche, come corsa leggera o uscite in bicicletta o più semplicemente camminate all’aria aperta per un totale di circa diecimila passi al giorno, che sono percorribili da tutti in circa un’ora e mezza». La scelta, insomma, è del tutto personale: l’importante è evitare una vita sedentaria.
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Promosso il limone a stomaco vuoto
E, dopo lo sport, è altrettanto importante idratarsi tanto. Magari andando a recuperare le ricette della nonna. Tisane e decotti, e perfino la classica acqua calda e limone da bere a stomaco vuoto la mattina, sono sempre utili, garantisce l’esperto. «Acqua calda o fredda a piacere, al mattino o al pomeriggio, con infusi o tisane siano assunti quando si può e come si può, purché siano assunti». Quanto agli integratori alimentari, «si impongono solo quando ci sono intolleranze o anche scarso gradimento per i cibi contenenti fibre naturali», continua Casetti. Acqua e limone: fa bene iniziare così la giornata?
Le soluzioni in farmacia
A volte però, nessuno di questi rimedi funziona e, in tal caso, bisogna ricorrere a un lassativo. Poiché la varietà di scelta è molto ampia, è fondamentale affidarsi a uno specialista, che è in grado di prescrivere il farmaco più conforme al tipo di costipazione. Se si punta sul fai da te, infatti, si rischia solo di ottenere effetti indesiderati. «Se la stipsi non risponde al cambiamento dello stile di vita e alla corretta scelta e assunzione di alimenti e bevande», spiega lo specialista, «si deve ricorrere ai lassativi, iniziando da quelli formanti massa (psillio, fibra ottenuta dalla gomma di Guar, policarbophil) ed eventualmente passare a quelli ad azione osmotica (Peg, lattulosio o sorbitolo, magnesio) o agli stimolanti (bisacodyl e senna). L’assunzione cronica e continuativa dei lassativi stimolanti, però, può portare a perdite di potassio e proteine e insufficienza di sali per cui, anche se non ci sono evidenze che l’uso quotidiano possa causare danni strutturali al colon, stimolarne lo sviluppo di cancro o causarne l’impotenza funzionale, è bene non assumere questi prodotti più di due o tre volte la settimana».
Soprattutto nei casi in cui la stipsi sia un fenomeno ricorrente, è utile, oltre a seguire una corretta alimentazione e a garantirsi un’adeguata idratazione, essere il più possibile abitudinari nella toilette. «Per dare continuità al moto intestinale, infatti, bisognerebbe cercare di evacuare sempre negli stessi orari, preferibilmente al mattino, quando il passaggio dalla posizione sdraiata a quella eretta favorisce la motilità, e dopo i pasti, perché lo stomaco manda impulsi nervosi al colon, favorendo la “spinta” delle feci».
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