Salute

Sport in gravidanza: tutti i benefici per mamma e bambino

Nessun problema per il nascituro, a patto di scegliere attività fisiche non traumatiche come nuoto, palestra, cyclette, yoga e pilates. E i vantaggi per la donna che si allena? Si riducono diabete gestazionale, ipertensione e aumento di peso

Allyson Felix, con 11 medaglie (di cui due conquistate a Tokyo lo scorso agosto), è la donna che ha vinto di più nell’atletica leggera alle Olimpiadi. Altri due ori li aveva incassati ai Mondiali di atletica del 2019, dieci mesi dopo aver dato alla luce sua figlia Camryn e aver rotto i rapporti con il suo sponsor Nike, che dopo il parto le aveva ridotto il compenso del 70% e tolto ogni tutela dal contratto. La mossa dell’azienda del baffo non era passata sotto silenzio e, dopo il polverone che si era sollevato in quell’occasione, è cambiato lo sguardo pubblico non solo sulla maternità delle atlete, ma in generale sul rapporto tra maternità e sport. Che non è più considerato un impedimento o un pericolo per le donne in attesa (e neppure per le neomamme), bensì qualcosa di sicuro e consigliabile, non solo per le atlete professioniste ma anche per chi non ha mai praticato attività fisica in modo regolare.

I benefici dello sport in gravidanza

A sostegno di questa nuova visione ci sono anche studi scientifici: da una recente ricerca, sollecitata dal Comitato olimpico internazionale e condotta dal Coni, in collaborazione con Chicco, su 55 atlete olimpiche che hanno avuto figli durante la carriera agonistica, è emerso che, continuando ad allenarsi sotto la supervisione di professionisti, un’atleta su due, dopo la gravidanza, torna agli stessi livelli internazionali, il 40% sale sul podio e il 30% vince addirittura una medaglia d’oro.

Gruppo San Donato

«Fino a qualche anno fa l’attività fisica veniva del tutto controindicata durante l’attesa, nel timore di danneggiare il feto e creare problemi alla gestazione. Negli ultimi anni, invece, in seguito a studi e valutazioni, si è visto che lo sport in gravidanza non soltanto non è dannoso, ma porta anche diversi benefici», conferma la ginecologa Giovanna Testa, una degli specialisti che hanno partecipato alla ricerca del Coni. «Si è dimostrato utile contro il diabete gestazionale, per esempio, per frenare l’eccessivo aumento di peso, e contro l’ipertensione in gravidanza. Inoltre, gli esercizi sul pavimento pelvico possono facilitare l’attività espulsiva riducendo il numero dei parti cesarei. Lo stesso feto ne trae quindi benefici. Recenti studi hanno inoltre evidenziato che l’attività fisica non solo non riduce l’afflusso di sangue dalla placenta al feto, come si credeva un tempo, ma non è nemmeno associata a maggior rischio di parti pretermine».

Gli sport da preferire e gli sport da evitare

Non tutti gli sport, naturalmente, sono indicati: boxe, calcio, basket e tutti quelli da contatto sono da evitare, così come l’equitazione e il trekking (per il rischio di cadute), le immersioni subacquee, e il triathlon, anche se si è ben allenati. Meglio preferire nuoto, cyclette, camminata moderata, corsa lenta. Vanno bene anche esercizi di resistenza con pesi o bende elastiche, acqua gym specifica per le gestanti, yoga e pilates, attività cui spesso ci si avvicina proprio in gravidanza, per prepararsi al travaglio e al periodo espulsivo. L’importante, specifica Testa, «è sempre seguire il buon senso: una volta che il medico ha escluso problematiche e controindicazioni, l’attività fisica va comunque praticata considerando la preparazione atletica della paziente».

Inizio graduale e programma su misura

Per chi non praticava sport prima, quindi, è consigliato un inizio graduale, chi invece è già allenata dovrà ridurre l’intensità. Il consiglio comune a tutte è farsi seguire da un preparatore atletico che moduli l’allenamento su misura della gestante. «Anche le nostre atlete hanno ridotto frequenza e intensità, e modificato allenamento, adeguandolo ai cambiamenti del corpo», continua Testa. «Naturalmente un’atleta agonista è monitorata costantemente, perché ne va della sua professione, ma è importante che anche principianti e dilettanti seguano un programma su misura. Meglio affidarsi a una persona qualificata che possa adattare l’allenamento e gli esercizi in base alla propria situazione».

Il trainer dà sicurezza e motivazione in più

La presenza di un personal trainer che ti conosca, ti segua e ti aiuti nel percorso, è utile anche per rassicurare contro l’idea che correre al parco, fare avanti e indietro in vasca in piscina o continuare la palestra sia rischioso per il bambino. «Essere seguite, dal medico e dal preparatore, è sicuramente tranquillizzante, ma per capire che non c’è da aver paura, bisogna soprattutto imparare ad ascoltare il proprio corpo», prosegue la ginecologa. «Non bisogna entrare in competizione con se stesse, non ci sono gare da vincere, l’unico obiettivo è trarre beneficio dal movimento».

E se invece questa paura proprio non la si riesce a vincere e si interrompe l’attività fisica praticata prima della gravidanza, c’è il rischio di conseguenze negative? «Su questo non ci sono dati certi, ma si può fare un ragionamento al contrario», risponde la specialista. «Molte atlete professioniste, che hanno continuato l’allenamento adeguandolo ai cambiamenti del corpo, sono tornate a gareggiare appena sei o sette mesi dopo il parto, talvolta migliorando spesso i loro risultati pre-maternità. Se avessero interrotto gli allenamenti, la ripresa sarebbe stata sicuramente molto più difficile e lenta (e i risultati diversi). Il discorso può valere anche per chi fa attività fisica a livello non agonistico».

Lo sport mette un freno alla depressione post partum

Il movimento, però, non è consigliato soltanto durante i nove mesi: anche se non si punta alle Olimpiadi, dopo la nascita del bebè è bene non interrompere l’attività fisica, non solo per «tornare in forma», ma soprattutto perché lo sport può essere d’aiuto anche contro la depressione post partum. «Sono molte le donne che si trovano a vivere questo periodo di depressione e l’attività fisica in modalità graduale le aiuta ad affrontarlo meglio», spiega la ginecologa. «Il nuovo arrivato stravolge la famiglia e soprattutto la mamma, che nei primi mesi deve necessariamente dedicarsi a lui. Ma passare mezz’ora in piscina o regalarsi una sessione di yoga significa non solo concedersi un beneficio fisico, ma anche ritagliarsi quel tempo per se stesse che aiuta tantissimo le donne a stare meglio, anche dal punto di vista dell’umore».

A patto, però, che non ci si faccia vincere dal senso di colpa e che – come suggerisce la campagna «Siamo #mammeE molto di più» della stessa Chicco – non si rinunci alle esigenze personali, andando contro chi invece relega le donne che hanno figli nell’unico ruolo di madre. «Che la società voglia la mamma totalmente dedita al neonato e dimentica di sé purtroppo è vero», ammette la specialista. «Ma bisogna capire che ognuno di noi ha il diritto e il dovere di raggiungere benessere non solo fisico ma anche mentale, e nel momento in cui la mamma non sta bene dev’essere aiutata. Aiuto è anche non ostacolare le esigenze delle donne». E lasciarle andare in piscina o in palestra.

I consigli del preparatore atletico

Aspettare un bambino non vuol dire rinunciare ad allenarsi, ma solo cambiare allenamento. Parola di Luca Bonaguidi, preparatore atletico che ha partecipato alla ricerca sulle atlete mamme, condotta dal Coni in collaborazione con Chicco e che proprio dal sito della Chicco dà alle future mamme qualche consiglio sull’attività fisica. Premesso che ogni donna ha bisogno di un programma su misura per lei stilato dopo il benestare del medico, ci sono alcune regole generali che vanno seguite.

Considerare i cambiamenti

Innanzitutto, bisogna tener conto dei cambiamenti del corpo: livelli ormonali, peso, variazioni del baricentro e stress articolari. Cambia anche l’apparato respiratorio perché con l’aumento del volume dell’utero, il diaframma viene spinto verso l’alto e si riduce la capacità polmonare. Ecco perché è meglio prediligere sport aerobici, iniziando sempre in modo graduale e senza mai raggiungere livelli intensi. «Non bisogna mai allenarsi fino all’esaurimento o alla sensazione d’affanno. Questo è un segno che il bambino e il proprio corpo non possono ottenere l’ossigeno di cui hanno bisogno», avverte Bonaguidi.

Dopo il terzo mese niente esercizi a terra

Gli esercizi non devono sovraccaricare la parte bassa della schiena, così come vanno evitati, dopo il terzo mese, gli esercizi da supini (stare sdraiati sulla schiena diminuisce il flusso sanguigno nell’utero). Prima e dopo l’allenamento va sempre previsto un momento di rilassamento e stretching, mentre durante è opportuno bere molto e fare tante pause. Attenzione al luogo in cui ci si allena (che non deve essere troppo caldo), e su cui si corre (evitare terreni accidentati), ma anche all’abbigliamento, che deve essere comodo, e alle calzature, che devono dare un forte supporto a caviglia e arco plantare.

Leggi anche…

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio