Focus a cura di Roberto Filipo, direttore del dipartimento organi di senso e docente di otorinolaringoiatria all’Università Sapienza di Roma.
Se in un neonato viene confermata una diagnosi di sordità congenita, grazie ai test neonatali, già tra i 4 e i 12 mesi si comincia a correggere l’ipoacusia attraverso un apparecchio auricolare, una protesi retroauricolare oppure un impianto cocleare, e una terapia logopedica (scrivi ai logopedisti di OK) per tenere in allenamento il cervello (che via via diventa meno ricettivo già dopo i 36 mesi), in modo da non produrre ritardi nell’apprendimento. La stessa cosa si fa per le sordità acquisite, che compaiono cioè dopo la nascita.
• Ipoacusie leggere e moderate: sono quelle tra i 35 e i 80 decibel. In questi casi, al bimbo viene applicata una protesi retroauricolare da un team di esperti (un otorinolaringoiatra con specializzazione in audiologia, un logopedista e un audioprotesista). Si preferisce questo tipo di apparecchio, di dimensioni ridotte e posizionato dietro l’orecchio, rispetto alle protesi endoauricolari (all’interno del condotto uditivo, si potranno usare in età più avanzata), perché è più accettato dal piccolo e offre una maggiore potenza di amplificazione. La protesi viene collocata in pochi minuti, in maniera indolore. Inizia, però, una fase di taratura dello strumento protesico che può durare da qualche settimana ad alcuni mesi. In questo periodo il team aggiusta i livelli acustici e controlla che tutte le frequenze trasmesse siano percepite dall’orecchio. Il logopedista interviene riabilitando l’udito: stimola il bambino con giochi e suoni per attivare le zone del cervello fino a quel momento inattive e controllare il corretto funzionamento dell’apparecchio. Il servizio sanitario nazionale (Ssn) copre i costi delle protesi bilaterali fino a 1.500 euro.
• Ipoacusie gravi e profonde: sono quelle superiori ai 80 decibel. Nel caso di ipoacusie gravi o se le protesi retroauricolari non si rivelano risolutive, si può procedere con l’impianto cocleare, ossia l’innesto di un’apparecchiatura elettronica di grande complessità che va a sostituire la coclea, che è l’organo dell’udito. L’impianto è costituito da una componente esterna simile a una comune protesi acustica e da una interna, che comunicano in radiofrequenza. L’intervento per introdurre l’elettrodo nel canale uditivo e nella coclea si fa in anestesia generale e dura un’ora e mezzo. Si tratta di un’operazione indolore e priva di rischi, se eseguita da un chirurgo esperto che operi in Centri specializzati nella riabilitazione della sordità. Per il 95% circa dei bambini con ipoacusie gravi si sceglie questa metodologia, preferendo un intervento molto precoce, tra il quarto e, al massimo, il trentaseiesimo mese di vita, così da non rallentare lo sviluppo e l’apprendimento del bambino. Il costo dell’intervento per l’impianto cocleare è di circa 20mila euro e la copertura dei costi da parte del Servizio sanitario nazionale varia da Regione a Regione.
Roberto Filipo, direttore del dipartimento organi di senso e docente di otorinolaringoiatria all’Università Sapienza di Roma
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