L’invito arriva a casa, per posta: ogni due anni i cittadini di età compresa tra i 50 e i 70 hanno la possibilità di partecipare al programma di screening gratuito per la diagnosi precoce del tumore del colon, istituito dal Sistema sanitario nazionale.
Due i test previsti. Il primo è il Sof, la ricerca di sangue occulto nelle feci, e consiste semplicemente nel raccoglierne un campione e consegnarlo alla farmacia più vicina. Se l’esito del test è positivo, il cittadino è chiamato per eseguire la colonscopia, un esame che spaventa molte persone e, in alcuni casi, può far crollare l’impegno preso con la propria salute. I dati dell’Osservatorio nazionale screening confermano che solo un italiano su tre accetta l’invito a fare il test. Nulla di più sbagliato: a fronte un po’ di fastidio per prepararsi alla procedura (nessuno durante l'ispezione del colon, grazie alla sedazione), la colonscopia può davvero fare la differenza tra un tumore del colon curabile e uno in fase ormai troppo avanzata. Ma davvero l’esame non fa male? Ci rassicura Pier Alberto Testoni, direttore della Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.