La sindrome di Marfan è una patologia congenita che colpisce il tessuto connettivo. Le manifestazioni interessano gli organi che contengono questo tessuto come lo scheletro, gli occhi, il cuore e i vasi sanguigni, i polmoni e le membrane fibrose che ricoprono il cervello e la colonna vertebrale. Si stima che un bambino ogni 5.000 nati vivi sia affetto dalla sindrome, ma l’incidenza è probabilmente sottostimata per via delle frequenti forme incomplete. Roberto Tumbarello, direttore della struttura complessa di cardiologia pediatrica e cardiopatie congenite dell’Azienda ospedaliera G. Brotzu di Cagliari, spiega meglio di cosa si tratta.
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Quali sono le cause?
È una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante: una persona affetta ha il 50% di probabilità di trasmettere la mutazione a un figlio, indipendentemente dal sesso del nascituro. Nel 25% dei casi, però, non si riscontrano altri casi in famiglia e si tratta di una nuova mutazione genetica, che appare più frequente se l’età del padre al momento del concepimento supera i 45 anni. Nella maggioranza dei casi le mutazioni sono a carico del gene della fibrillina 1 (FBN1). Il riscontro di una mutazione di questo gene permette di confermare la diagnosi di sindrome di Marfan fino al 93% dei casi.
Quali sono i sintomi della sindrome di Marfan?
La forma neonatale è normalmente più severa dei casi osservati più tardivamente. I sintomi tipici delle malformazioni sono alta statura, iperestensibilità e forma affusolata delle dita (aracnodattilia), protrusione dell’acetabolo (cavità delle ossa del bacino), deformità del petto, coesistenza di cifosi e di scoliosi superiore a 20 gradi, manifestazioni oculari come il dislocamento del cristallino (ectopia lentis). Inoltre, nei polmoni possono formarsi cisti e il rivestimento che circonda il midollo spinale può allargarsi causando cefalea, dolore alla parte inferiore della schiena o altri problemi neurologici come debolezza intestinale o vescicale.
Come si fa la diagnosi?
Per formulare la diagnosi si procede con un’indagine della storia familiare associata a una combinazione di indicatori maggiori e minori (nosologia di Ghent). Alcuni tra i numerosissimi esami diagnostici utilizzati sono l’angiografia a risonanza magnetica (MRA) con liquido di contrasto per rendere evidenti le strutture interne dell’aorta e i test genetici, consigliati prima di concepire un figlio per accertare o meno la sindrome. Il ritardo diagnostico può seriamente compromettere la sopravvivenza del paziente.
Quali sono le possibili terapie?
Gestite da un centro multidisciplinare con esperienza nella sindrome di Marfan, le terapie sono focalizzate sulla prevenzione delle complicanze. Per rallentare l’indebolimento e l’allargamento dell’aorta è cruciale l’impiego di farmaci antipertensivi. La terapia fisica può migliorare il tono neuromuscolare e la forza nei pazienti. I progressi nei trattamenti e il regolare monitoraggio hanno migliorato la qualità della vita e ridotto la mortalità, con un’aspettativa di vita media oggi quasi normale nelle persone che ricevono cure mediche appropriate.