Grazie al caso di Angelina Jolie molti oggi conoscono la sindrome del cancro ereditario di mammella e ovaio, correlata a mutazioni nei geni BRCA1 o BRCA2. Più frequente, anche se a tutt’oggi poco nota, è la sindrome di Lynch – così chiamata in ricordo di Henry Thompson Lynch, direttore del Creighton Cancer Center di Omaha, in Nebraska, che per primo la descrisse negli anni 60 – che colpisce una persona su 280. «Si tratta di una condizione genetica ereditaria che aumenta il rischio di sviluppare, anche in età giovanile, cioè prima dei 50 anni, il tumore del colon-retto», spiega Giulia Martina Cavestro, responsabile dell’ambulatorio Gastrointestinal personalized medicine (Gastro per me) dell’unità clinica di gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore associato di gastroenterologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.
«Più elevata è anche la probabilità di andare incontro ad altri tipi di cancro, che possono colpire endometrio, stomaco, pelle, mammella, ovaio, pancreas, prostata, vie urinarie (reni, ureteri, vescica), vie biliari». In particolare, si stima che la sindrome sia alla base del 3-5% dei casi di tumori del colon-retto e del 2-6% di quelli dell’endometrio. La sindrome è causata dalla mutazione (variante patogenetica) di uno dei quattro geni del mismatch repair (ovvero riparazione degli accoppiamenti sbagliati), cioè MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, deputati a produrre specifiche proteine che hanno il compito di correggere gli errori generati in fase di replicazione del Dna cellulare. In presenza della mutazione tale sistema smette di funzionare, con la conseguenza che il Dna non si ripara correttamente e gli errori si accumulano, determinando nel tempo la formazione di tumori.
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Il ruolo dell’ereditarietà
«Questi geni, come la maggior parte degli altri, sono presenti in due copie nelle cellule dell’organismo, una trasmessa dal padre, l’altra dalla madre», chiarisce la specialista. «La sindrome si trasmette in modalità autosomica dominante, il che significa che è sufficiente avere un allele alterato su due per avere un rischio maggiore di sviluppare il cancro. Se quindi un genitore ha una copia mutata, ogni figlio ha il 50% di possibilità di ereditarla, avendo così una copia mutata e una sana del gene. Nel momento in cui, nel corso della vita, avviene una mutazione anche nella copia sana, il tumore può insorgere». In generale, per il paziente il rischio di sviluppare una neoplasia è del 30-70% a seconda del gene mutato.
Sindrome di Linch: i test per individuarla
Intercettare questa sindrome il prima possibile è, dunque, importante sia per mettere in atto un’accurata sorveglianza e prevenzione nei confronti delle persone sane a rischio, sia per offrire la terapia più appropriata ai pazienti già malati di tumore. «Oggi le linee guida raccomandano che tutti i pazienti che subiscono un intervento di asportazione di un tumore del colon-retto vengano sottoposti al test universale di screening, che consiste nell’analizzare la porzione di organo asportata per valutare la presenza delle proteine MLH1, MSH2, MSH6, PMS2», rendo noto Cavestro.
Se una di queste è assente, l’assistito deve essere sottoposto ad altre indagini tra cui il test genetico, ovvero un prelievo di sangue da cui estrarre il Dna per sequenziarlo tramite la tecnica Next generation sequencing (NGS), al fine di valutare la presenza di mutazioni nei geni del mismatch repair. Nel caso il test dia esito positivo, confermando cioè la presenza di mutazioni, è necessario estendere il test ai consanguinei.
Le persone che, invece, non hanno avuto un tumore, ma presentano un’elevata familiarità per la malattia (tre familiari o più, di cui almeno uno di primo grado, con tumori del colon-retto o altri associati alla sindrome di Lynch) si possono rivolgere agli ambulatori dedicati. Durante la visita gli esperti potranno applicare il modello Premm5, un algoritmo matematico che consente di stimare la probabilità di avere la mutazione. Inserendo i dati richiesti il calcolatore fornirà un valore espresso in percentuale e se quest’ultimo risulta significativo si valuterà l’esecuzione del test genetico.
Quali sono le terapie?
Si possono mettere in pratica tutte le strategie per gestire la sindrome di Lynch al meglio. «Nel nostro ambulatorio i pazienti si prendono in carico a 360 gradi da un team multidisciplinare di cui fanno parte chirurgo, gastroenterologo, oncologo, urologo, dermatologo, ginecologo, radiologo, genetista, psichiatra, psicologo», afferma l’esperta. «La generale minor aggressività della patologia neoplastica è una caratteristica importante della sindrome di Lynch rispetto ai tumori “sporadici” (non genetici). Anche per questo la sorveglianza può permettere l’identificazione di forme precoci e le persone con questa sindrome possono avere una sopravvivenza sovrapponibile a quella delle persone non affette».
Nel caso dei pazienti che hanno già manifestato un tumore del colon-retto è possibile prendere in considerazione l’intervento chirurgico di rimozione completa del colon e, se necessario, anche del retto (proctocolectomia totale). «Una scelta che dev’essere sempre valutata con attenzione e condivisa con il paziente», raccomanda Cavestro. Ma anche la terapia farmacologica prevede percorsi ad hoc, visto che i tumori con deficit del mismatch repair in fase metastatica, non ancora trattati con chemioterapia, si trattano anche con immunoterapia, in particolare con i farmaci anti-PD-1 (vedi box qui sopra).
L’aspirina riduce il rischio
Nel caso dei portatori sani occorre attuare una particolare sorveglianza del colon-retto e a tempi differenti anche dello stomaco e dell’apparato genito-urinario, a partire dai 25-30 anni d’età. È stato, inoltre, dimostrato che il consumo giornaliero di acido acetilsalicilico (aspirina) può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare la patologia. Nelle donne con la sindrome portatrici di mutazioni in MLH1, MSH2, MSH6 può essere presa in considerazione, dopo i 40-45 anni, la rimozione chirurgica dell’utero e delle ovaie (isterectomia totale e salpingo-ovariectomia bilaterale) a scopo preventivo.
Studio americano promuove l’immunoterapia
Buone notizie per chi sta lottando contro un tumore del colon-retto associato alla sindrome di Lynch. Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine nel luglio 2022 e condotto dai ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, negli Stati Uniti, ha dimostrato che 12 pazienti con cancro colorettale localmente avanzato con deficit del mismatch repair sono guariti dopo avere effettuato un trattamento con dostarlimab, un anticorpo monoclonale anti-PD-1.
«Questi tumori sono altamente immunogenici, cioè capaci di suscitare un’importante reazione immunitaria», hanno spiegato gli autori della ricerca. «In virtù di ciò sono risultati particolarmente sensibili ai farmaci anti-PD-1, che attivano una consistente mobilitazione del sistema immunitario contro le cellule neoplastiche, inducendo una sorta di “rigetto” del cancro. Finora questo trattamento è stato utilizzato con successo nella fase metastatica della patologia, ma ora abbiamo dimostrato che può essere valido anche in uno stadio più precoce, ovvero nella malattia localmente avanzata. Risultati positivi che hanno superato le nostre aspettative».