La sindrome di Hurler è una malattia genetica rara ed è la forma più grave della mucopolisaccaridosi di tipo 1. La sua incidenza è di un malato su 200.000 nati in Europa. Si tratta di una malattia genetica e, quindi, insorge già prima della nascita, infatti causa danni al feto nel ventre della mamma. In genere, si diagnostica quando i primi sintomi, spesso legati a deformazioni scheletriche, diventano visibili, intorno ai due anni di età. Maria Ester Bernardo, docente di pediatria, responsabile dell’unità funzionale di trapianto del midollo osseo pediatrico dell’Ospedale San Raffaele di Milano e ricercatrice del Tiget-San Raffaele (istituto Telethon) spiega meglio di cosa si tratta.
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Quali sono le cause della sindrome di Hurler
È caratterizzata dall’accumulo nei lisosomi (che sono il sistema digerente delle cellule) di dermatan solfato ed eparan solfato causato dall’assenza dell’enzima alfa L-iduronidasi. La malattia è dovuta alle mutazioni del gene IDUA e la trasmissione avviene se i genitori sono entrambi portatori sani. I loro figli hanno il 25% delle possibilità di essere malati.
Quali sono i sintomi?
I sintomi principali sono difetti di crescita, deformità scheletriche, insufficienza cardiaca, malfunzionamento del fegato e milza, deficit cognitivi, opacità della cornea. L’aspettativa di vita per i bambini affetti dalla sindrome di Hurler non supera i 10 anni di vita.
Le cure disponibili fino a oggi per la sindrome di Hurler
Fino a oggi, l’unica possibilità di cura per i bambini con la sindrome di Hurler era rappresentata dal trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Si tratta, cioè, di cellule provenienti dal midollo osseo o dal sangue del cordone ombelicale di un donatore sano e compatibile. Se effettuato precocemente, entro i due anni di vita, il trapianto è in grado di rallentare e, in alcuni casi, anche stabilizzare lo sviluppo della malattia, ma poco può fare se si è già prodotto un ritardo mentale e una deformazione delle ossa. Esiste anche una terapia enzimatica sostitutiva, che si basa sull’infusione settimanale dell’enzima mancante, e che può migliorare alcuni dei sintomi, ma non corregge i problemi neurologici e a livello scheletrico.
Un’importante novità: la terapia genica
La novità sviluppata dai ricercatori del Tiget-San Raffaele è la terapia genica con la correzione delle cellule staminali ematopoietiche del paziente. Questa modifica avviene tramite un virus modificato che funziona come un «cavallo di Troia» che contiene il gene sano e in grado di andare a replicarsi nel corpo del malato. Le cellule prelevate dal paziente con sindrome di Hurler e corrette vengono poi congelate e testate in termini di efficacia e sicurezza. Se le cellule corrispondono a diversi criteri di qualità, il paziente viene sottoposto a chemioterapia per far posto nel midollo alle cellule corrette ed evitare potenziali risposte immunitarie al gene terapeutico. Dopo questo «condizionamento», le cellule corrette vengono restituite con una semplice infusione endovenosa.
La sperimentazione del San Raffaele
Al San Raffaele sono ricoverati otto bambini affetti da questa sindrome, venuti da tutte le parti del mondo per sottoporsi a questa terapia sperimentale. Fino a ora ha dato risultati confortanti, anzi ha dimostrato di poter essere più efficace del trapianto allogenico. Per il momento, però, essendo in fase sperimentale, questa terapia è disponibile solo per chi non abbia trovato un donatore compatibile. La terapia genica ha molte più probabilità di successo quando la malattia è trattata in uno stadio precoce. Da qui l’importanza di una diagnosi tempestiva, che potrebbe essere favorita se anche la MPS1 fosse inserita nell’elenco delle malattie oggetto dello screening neonatale.
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