La sindrome dell’arto fantasma si riferisce a una parte del corpo scomparsa, dopo trauma o intervento chirurgico, che però ancora si percepisce come esistente. Prevede tre tipi diversi:
- dolore fantasma, con sensazioni dolorose riferite all’arto mancante;
- dolore del moncone, con dolore a livello della sede di amputazione;
- arto fantasma, ossia qualunque sensazione non dolorosa riferita all’arto mancante.
Questa sindrome è molto frequente tra le persone che hanno vissuto un’amputazione. Tra loro interessa 7 persone su 10. La sensazione di presenza di un arto che non si ha più, può essere talmente vivida che un paziente può dimenticarsi che una gamba non è più presente e mettersi a camminare.
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Sindrome dell’arto fantasma: il dolore
Quello da arto fantasma è un dolore che si origina da una lesione diretta o indiretta del sistema nervoso centrale o periferico, alterando il sistema della percezione neurosensoriale. È una delle condizioni morbose di maggior difficoltà clinica. Non è facilmente documentabile e quindi è spesso trascurata e non creduta né dai medici né dai familiari, che tendono a sottostimarne la gravità.
Qual è la sensazione che si percepisce?
La sensazione dell’arto fantasma è un’immagine vivida ed estremamente articolata della parte persa e contrasta con le mal definite sensazioni illusorie delle parti con deficit sensitivi dei pazienti para e tetraplegici. Il dolore è di solito precoce (prima settimana), ma può fare la sua comparsa anche dopo vari anni.
L’intensità è estremamente variabile, sotto forma di crampi, tormentoso, opprimente, tensivo o folgorante associato a sensazione di posizione anomala dell’arto, scatenato da una grande variabilità di fattori tra cui gli stati emozionali, l’affaticamento e l’insonnia.
Esiste una terapia per la sindrome dell’arto mancante?
Nella terapia per la sindrome dell’arto fantasma hanno scarso successo gli antinfiammatori. Sono da evitare anche perché causa di rischi senza beneficio. Il primo gradino di terapia richiede l’uso orale di farmaci analgesici che si usano, a dosi diverse, anche nell’epilessia. Il dosaggio è personale e viene trovato con l’aiuto degli specialisti in terapia del dolore, che valutano anche le eventuali controindicazioni.
Può funzionare l’ipnosi?
La psicoterapia ipnotica si dimostra utile per chi soffre di dolore cronico, profondo e debilitante e quindi anche di sindrome dell’arto fantasma. Va utilizzata con pazienti disposti a collaborare e si ottengono riduzioni del dolore cronico, con una risposta, che è molto individuale. Ha successo nel 40-45% dei casi. Ma l’aiuto maggiore è quello di sostenere il paziente nel gestire il proprio corpo dolorante e fare capire comportamenti utili anche alla famiglia.
Con tecniche di ipnosi, per esempio, si può indurre uno stato di trance con percezione di una sensazione di freddo, che ha un potere analgesico nelle zone doloranti del corpo. Oppure si spinge la persona sofferente a immaginare di avere una protezione intorno alla parte che fa male. Raggiunto il risultato, le sedute si diradano e si insegna al paziente l’autoipnosi.
La realtà virtuale
Si può usare una strumentazione informatica in grado di ricreare, tramite un modello di visione virtuale, la sensazione nel cervello di recupero dell’arto mancante. Il paziente tende a ripensare il proprio corpo come integro. Su questa immagine senza lesione, può rimuovere il senso di dolore dalla corteccia cerebrale.
Si può ipotizzare anche la stimolazione magnetica della corteccia con tecnica esterna. Si tratta di un casco che trasmette impulsi magnetici o elettrici. Una possibile spiegazione dell’azione terapeutica che si sperimenta con l’utilizzo della pratica virtuale è che il comando motorio ancora integro può generare un feedback sulla corteccia parietale e premotoria con riduzione degli impulsi sensoriali, riducendo l’intensità degli impulsi del dolore.
La Mirror Therapy
Si utilizza anche la Mirror Therapy. Si basa sull’attivazione del sistema dei neuroni a specchio. Il paziente per una ventina di minuti vede l’arto intatto in uno specchio mentre esegue degli esercizi proposti dal fisioterapista. L’obiettivo è che il riflesso dell’arto sano inganna il cervello del paziente portandolo a pensare che ci siano due arti sani e non solo uno.