I lacci emostatici sono utilizzati soprattutto per il prelievo del sangue in ospedale o per altre operazioni in ambulatorio. Tutto sommato, quindi, in ambienti puliti e sicuri. Da Amsterdam, dove è in corso il Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive, arriva però un allarme, basato su uno studio condotto in Portogallo. Secondo i ricercatori i lacci emostatici sono spesso contaminati dai batteri che possono portare a infezioni, anche in ospedale.
Tasso di contaminazione in media del 70%
La ricerca, condotta da Nadia Osorio e dai colleghi dell’Istituto Politecnico di Coimbra (Portogallo), ha studiato i tassi di contaminazione batterica di questi strumenti abitualmente utilizzati in reparto e negli ambulatori, facendo una revisione di 20 studi clinici che hanno affrontato l’argomento. In totale, sono stati analizzati circa 1.500 tubicini e il tasso di contaminazione rilevato andava dal 10 al 100%, con una media del 70%.
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Quali infezioni si rischiano?
Così, i ricercatori hanno individuato i microrganismi contaminanti più frequenti. Gli stafilococchi coagulasi-negativi sono risultati i principali, su ben 441 dei lacci emostatici analizzati: si tratti di batteri responsabili di infezioni cutanee o alle vie urinarie, anche gravi. Tra gli altri contaminanti sono stati rilevati anche Escherichia coli, Klebsiella (che tra le altre cose è anche responsabile della polmonite), Pseudomonas , Acinetobacter baumannii e Stenotrophomonas maltophilia, ognuno responsabile di un tasso di contaminazione del 10% circa. Questi micorganismi possono causare diverse patologie, come le polmoniti, che rappresentano una vera minaccia soprattutto nei soggetti debilitati o anziani.
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Non vengono disinfettati
I lacci emostatici, infatti, vengono generalmente utilizzati per più pazienti senza essere disinfettati. Per questo motivo il rischio di cross-contaminazione è piuttosto alto.
Andrebbero utilizzati usa e getta
«Questi risultati – affermano gli autori – ribadiscono i rischi inerenti all’utilizzo di strumenti non usa e getta per la potenziale disseminazione di microrganismi tra un paziente e l’altro. Sarebbe necessario effettuare ulteriori ricerche, focalizzate sull’impatto dell’introduzione di linee guida/programmi di decontaminazione dei lacci emostatici in contesti clinici e di training professionale. Come potenziale soluzione al problema, andrebbe anche presa in seria considerazione l’introduzione di lacci emostatici usa e getta».
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