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Scoperto cosa scatena l’Alzheimer

Secondo un gruppo di ricercatori americani, si tratta di un processo che accelera la morte dei neuroni

Gli scienziati americani hanno identificato un nuovo meccanismo che accelera l’invecchiamento nel cervello e dà origine alle caratteristiche biologiche più devastanti della malattia di Alzheimer.

Il meccanismo

Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications da un gruppo di scienziati dell’Istituto americano Van Andel coordinati da Viviane Labrie, nei pazienti in cui si innesca questo meccanismo, il cervello inizia a perdere più rapidamente le sequenze di Dna che modulano l’attività dei geni e che lo mantengono giovane. Nello stesso tempo viene accelerata l’attività dei geni coinvolti nella formazione delle placche tossiche per i neuroni.

Gruppo San Donato

Cosa hanno osservato i ricercatori

I ricercatori hanno studiato delle sequenze di Dna che, a seconda dell’età e dei fattori ambientali, intensificano o abbassano l’attività di un gran numero di geni del cervello. Hanno, in particolare, confrontato gli interruttori che accendono e spengono i geni del cervello tra individui sani e individui malati di Alzheimer. Nei pazienti colpiti da malattia neurodegenerativa hanno osservato una progressiva perdita di sequenze di Dna nei vari stadi della malattia.

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Cellule che pensano di essere anziane

In sostanza, i ricercatori hanno notato che cellule nervose di chi è malato si comportano come se fossero più vecchie, diventando sempre più vulnerabili all’Alzheimer. «Adesso che abbiamo una migliore comprensione dei fattori molecolari che portano alla malattia – spiega Viviane Laibre – potremmo in futuro utilizzarli per individuare nuove possibili strategie terapeutiche».

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Le prospettive dell’Alzheimer

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel mondo sono circa 44 milioni i malati di Alzheimer. Una cifra che, a causa dell’aumento e del progressivo invecchiamento della popolazione globale, è destinata secondo gli esperti a raggiungere i 135 milioni nel 2050.

Fonte: studio pubblicato su Nature Communications

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