La sclerosi tuberosa è una malattia rara con una prevalenza nella popolazione generale di circa 1 su 10.000-30.000 e in Italia conta circa 5000 persone. È a trasmissione autosomica dominante: significa che i figli di uno dei due genitori colpiti hanno una probabilità su due di ereditare la malattia. È innescata da mutazioni a carico dei geni TSC1 e TSC2, localizzati rispettivamente sui cromosomi 9 e 16 e responsabili del controllo della proliferazione cellulare.
Quali sono i sintomi?
La presenza delle mutazioni si associa all’insorgenza di amartomi (formazioni tumorali benigne) che si manifestano a livello della cute, del sistema nervoso, del cuore, dei reni e dell’apparato scheletrico. La sclerosi tuberosa è considerata, pertanto, una malattia multiorgano. Segni clinici e sintomi della malattia spaziano molto dalle forme lievi a quelle più severe: fin dalla nascita, nel 70-80% dei soggetti affetti compaiono chiazze cutanee ipopigmentate che si concentrano sul tronco e sugli arti. Col tempo appaiono angiofibromi sul volto e, successivamente, anche fibromi che colpiscono le unghie delle mani e dei piedi. Gran parte degli individui presenta inoltre amartomi a livello cerebrale (tuberi corticali) che, a seconda della localizzazione, possono produrre sintomi diversi, dai disturbi visivi all’epilessia, dal ritardo mentale all’autismo, fino a gravi disturbi del comportamento. Oltre al cervello, gli altri organi che possono essere più spesso colpiti sono il cuore e i reni, con la comparsa di tumori cardiaci (rabdomiomi) e amartomi renali (angiomiolipomi) la cui gravità è direttamente proporzionale alle dimensioni e che possono costituire la più diretta causa di morte nei pazienti.
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Come si diagnostica?
Per la diagnosi clinica sono necessarie visite specialistiche ed esami quali la risonanza magnetica cerebrale, l’elettrocardiogramma, le ecografie renali e cardiache. La conferma diagnostica avviene dopo l’effettuazione del test genetico che ricerca la mutazione specifica.
Come si cura?
La terapia, così come la diagnosi, deve essere multidisciplinare, arrivando a coinvolgere medici specializzati in settori diversi. Grazie alla laser-terapia è oggi possibile intervenire riducendo molti degli angiofibromi che colpiscono il volto, mentre il ricorso a farmaci anticonvulsivi può essere d’aiuto nel trattamento di alcune forme di epilessia. L’intervento chirurgico viene suggerito nel caso di astrocitomi subependimali a cellule giganti, tumori cerebrali di particolare severità. Infine è importante sottolineare il ruolo di Everolimus, un farmaco in grado di agire direttamente sulle cause della malattia, consentendo di fatto una riduzione delle lesioni cerebrali, renali, polmonari e facciali e prevenendo le complicazioni associate.
Focus a cura di Paolo Curatolo, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria infantile al Policlinico Tor Vergata di Roma
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