Operare o non operare: questo è il dilemma, per chi subisce una lesione della cuffia dei rotatori della spalla. La risposta, però, è semplice: meglio non aspettare. Intervenire tempestivamente per via chirurgica permette infatti di avere un migliore recupero della funzionalità dell’articolazione, con risultati che si mantengono anche a distanza di anni. Lo dimostra uno studio francese pubblicato su The Journal of Bone & Joint Surgery.
Le cause
Una caduta, uno strappo, o più banalmente l’avanzare dell’età, possono danneggiare la cuffia dei rotatori della spalla, a partire dalla rottura del tendine del muscolo sopraspinato. Il problema all’inizio può essere perfino asintomatico, ma col passare del tempo può degenerare dando dolori e disabilità, tanto da rendere difficili attività quotidiane come pettinarsi e vestirsi.
I dubbi sull’intervento
Sebbene si tratti di un disturbo piuttosto comune, che può colpire gli sportivi così come gli anziani e i lavoratori manuali, non c’è ancora un consenso unanime nella comunità scientifica sul modo migliore per affrontarlo, né tanto meno sulla tempistica con cui intervenire chirurgicamente. Il motivo? La mancanza di dati solidi che mostrino gli effetti a lungo termine dell’operazione.
Lo studio
Per colmare questa lacuna, gli ortopedici dell’ospedale di Saint Gregoire, in Francia, hanno selezionato oltre 500 pazienti che nel 2003 erano stati sottoposti ad un intervento per riparare lesioni isolate ma complete del tendine sopraspinato. A distanza di dieci anni, oltre 200 di questi pazienti sono tornati per una nuova visita di controllo, sottoponendosi anche ad una risonanza magnetica della spalla. La loro età media al momento dell’operazione era di 56 anni, con una sostanziale parità tra uomini e donne.
I risultati
Gli esiti degli esami dimostrano un sostanziale miglioramento nella maggior parte dei pazienti. Il punteggio usato per misurare la mobilità della spalla, la forza e l’abilità nell’eseguire le attività quotidiane, è cresciuto in media da 52 su 100 (prima dell’intervento) a 78 su 100 (a dieci anni dall’operazione). La risonanza magnetica mostra inoltre che oltre l’80% dei tendini è guarito, sebbene molti continuino a presentare almeno una lesione residua. Risultati meno soddisfacenti sono stati ottenuti nei pazienti che alla risonanza magnetica mostravano un’infiltrazione di cellule adipose nel muscolo riparato, un chiaro segnale di degenerazione. Non sono state riscontrate particolari differenze, invece, tra gli esiti dell’intervento tradizionale rispetto a quello mininvasivo eseguito in artroscopia.
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