Ci sono tante fake news sul reflusso gastroesofageo, nonostante sia una malattia molto diffusa. Ne soffre infatti un italiano ogni quattro. Di questi, almeno un 20% ha sintomi almeno una volta alla settimana.
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Fake news sul reflusso gastroesofageo: nel mirino molti alimenti
Le bufale si concentrano soprattutto sugli alimenti che è possibile mangiare. Nel mirino degli esperti italiani ci sono principalmente i cosiddetti alimenti trigger, cioè quegli alimenti che potrebbero scatenare i sintomi. Quindi niente agrumi o pomodori, vietati caffè, cioccolato, menta, cipolla o aglio.
Recentemente l’American College of Gastroenterology ha aggiornato le sue linee guida, spiegando che non ci sono evidenze scientifiche che questi cibi siano davvero dannosi. Secondo gli esperti americani ogni persona deve capire quali siano gli alimenti dannosi per se stesso ed eliminare solo quelli.
Quali sono i “veri” fattori di rischio?
I gastroenterologi sottolineano che i veri fattori di rischio per questa malattia sono:
- forte sovrappeso e obesità,
- fumo di sigaretta,
- alcolici.
Anche ridurre le proteine animali, sia rosse, sia bianche, può aiutare nell’evitare che compaiono i sintomi. Ma se ci troviamo in sovrappeso la terapia corretta è perdere almeno il 10% del proprio peso corporeo in sei mesi.
Come procedere alla diagnosi?
C’è poi la questione della diagnosi corretta. Secondo le linee guida soffre di malattia di reflusso chi ha:
- pirosi,
- rigurgito,
- dolore toracico, dopo che sia stato escluso che dipenda da problemi cardiaci.
Le terapie corrette
La terapia da seguire è quella a base di farmaci inibitori di pompa protonica per 4-8 settimane. Successivamente va interrotta, per evitare che i benefici superino gli eventuali danni.
Nel caso in cui il reflusso torni, non si può semplicemente replicare la terapia già seguita. Occorre una visita da un gastroenterologo che molto probabilmente deciderà di eseguire un’endoscopia digestiva superiore, che si può eseguire solo dopo aver sospeso i farmaci inibitori di pompa protonica per almeno 3-4 settimane.
In caso di recidive continue, l’opzione chirurgica riveste un ruolo importante. Si sceglie di intervenire quando il reflusso causa tosse cronica, asma, bronchiti ricorrenti, alitosi, sinusiti, otiti, erosioni dentali, aritmie cardiache.