Salute

Reflusso gastroesofageo, nuovo intervento senza bisturi

Un'operazione di un'ora per rinforzare lo sfintere esofageo e arginare la risalita degli acidi dallo stomaco

Un incendio nel petto. Un bruciore capriccioso proprio dietro lo sterno. E poi dolore toracico, faringiti, voce roca, tosse stizzosa. Succede a circa 11 milioni di italiani.
La colpa? Del reflusso gastroesofageo, un disturbo che si ha quando gli acidi dallo stomaco risalgono lungo l’esofago, bagnando e corrodendo alla lunga le sue pareti (guarda il pdf).

Non serve il bisturi
Per risolvere questo problema oggi c’è un’arma in più, messa a punto all’ospedale San Raffaele di Milano: è la fundoplicatio transorale senza incisione, una tecnica sperimentale che avviene senza tagli, neppure i piccoli buchini sulla parete addominale tipici della laparoscopia.
La procedura è riservata ai pazienti che non hanno ottenuto miglioramenti dalle cure farmacologiche tradizionali, quelle a base di inibitori della pompa protonica.
Con una sonda che transita lungo l’esofago attraverso la bocca, si ricostruisce la naturale diga anti-reflusso. Si rinforza, cioè, lo sfintere esofageo inferiore, quel muscolo a forma di anello posto nella parte finale dell’esofago che non lavora più come si deve in chi soffre di reflusso.
Come si riesce a irrobustire questa valvola? «Immaginate un comune esame gastroscopico», spiega Pier Alberto Testoni, direttore dell’unità operativa complessa di gastroenterologia ed endoscopia digestiva all’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano.

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«Il tubo endoscopico scende nell’esofago del paziente, in posizione supina e in anestesia generale; a questo punto, con un dispositivo chiamato EsophyX (simile alla coda di un’aragosta che si ripiega verso l’alto) si provvede ad ancorare i tessuti dello sfintere esofageo», dice Testoni.
In pratica, vengono ricompattati e stabilizzati con una serie di punti di fissaggio, in modo da ricreare una tenuta robusta e duratura nei confronti delle ondate acide.

A casa il giorno dopo
L’intervento dura circa un’ora. Il paziente viene quindi trattenuto per una notte in ospedale, e la dimissione avviene il giorno successivo.
Una volta a casa, viene prescritta una dieta liquida per una settimana circa, dopodiché l’alimentazione può riprendere normalmente.
I risultati? Come ha riferito il San Raffaele al congresso annuale dell’Associazione americana di gastroenterologia, la scomparsa o la riduzione significativa dei disturbi e la sospensione dell’uso dei farmaci è avvenuta, entro 12 mesi, nell’80% dei 25 pazienti finora trattati.
Ora si sta organizzando un nuovo studio che coinvolga in Italia altri 10-12 centri, per estendere la sperimentazione.
Edoardo Rosati – OK La salute prima di tutto

Ultimo aggiornamento: 19 gennaio 2010

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