Salute

Prurito in spiaggia? Caldo e sole potrebbero scatenare l’orticaria

Scopri i consigli degli esperti da seguire al mare per ridurre il rischio e quali cibi evitare se si sospetta la patologia

Sole, calore, poi i granelli di sabbia sulla pelle, l’acqua salata del mare, ma anche alcuni alimenti tipicamente estivi, come il pesce fresco conservato, i crostacei e frutti di mare. Possono essere anche queste alcune delle cause dell’orticaria, che si manifesta sul nostri corpi con una serie di pomfi arrossati e pruriginosi. Questa patologia colpisce circa 5 milioni di italiani e in estate diventa molto più frequente per colpa della maggiore irritazione cutanea dovuta a caldo, sole, sudore e consumo più frequente di alcuni cibi. A sottolinearlo sono gli esperti della Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (Siaaic) in occasione del loro XXXII Congresso nazionale.

Perché l’estate aumenta l’orticaria?

«L’estate è un momento critico per la pelle: la sudorazione aumenta il prurito, i raggi solari e l’acqua salata di mare irritano la cute, la temperatura elevata incrementa la vasodilatazione periferica e peggiora i sintomi cutanei. Così ogni anno milioni di italiani vanno incontro ad almeno un episodio di orticaria acuta in estate» spiega Gianenrico Senna, presidente eletto SIAAIC.

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Doccia fresca, cappelli e magliette

Come suggeriscono gli esperti, aiuta fare docce fresche con acqua dolce subito dopo i bagni in mare, ripararsi con cappelli e magliette quando il sole è particolarmente intenso e fare attenzione alla dieta, evitando ciò che ci si accorge può scatenare il prurito.

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La dieta anti-orticaria

Può essere utile, in un limitato numero di pazienti, un’alimentazione a basso contenuto di additivi (coloranti o conservanti) o priva di alimenti ad alto contenuto di istamina o che provocano liberazione di istamina. Questi i cibi da evitare: formaggi stagionati e fermentati, albume d’uovo, cacao/cioccolato, pesce fresco conservato (tonno, sardine, acciughe, aringhe, salmone), crostacei e frutti di mare.

Individuare la causa

L’essenziale è arrivare a una diagnosi accurata individuando la sostanza o la situazione associata ai sintomi, se certi alimenti, farmaci o il sole. Se si tratta di orticaria acuta, che si manifesta con un prurito molto intenso e pomfi arrossati, questa passa da sola in qualche ora o si risolve facilmente con gli antistaminici o con brevissime terapie con cortisonici. Va fatta attenzione se sono interessate le mucose, perché quando a gonfiare in modo anomalo sono quelle delle prime vie respiratorie c’è il rischio di un edema della glottide.

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Quando diventa cronica?

A volte però non si riesce a identificare la causa, l’orticaria dura a lungo (oltre le sei settimane) e in questi casi si parla di orticaria cronica spontanea (scopri qui come riconoscerla), di cui soffrono circa 600 mila italiani. Nel 30% dei casi questa orticaria è insensibile agli antistaminici e si deve ricorrere al cortisone, gravato però da grossi effetti collaterali se la terapia diventa a lungo termine. L’orticaria cronica è una spada di Damocle che compromette molto la qualità di vita e che si manifesta nelle donne nel doppio dei casi rispetto agli uomini, con un’incidenza maggiore fra i 20 e i 40 anni.

Ancora pochi usano i farmaci biologici

Per circa 5.000 pazienti, i più complessi, la soluzione potrebbe essere una terapia con farmaci biologici ma solo poco più di 2.000 la stanno seguendo. Erogare a tutti omalizumab, l’anticorpo monoclonale approvato per l’orticaria cronica, costerebbe da 15 milioni a un massimo di 25 milioni di euro. Molto meno di quelli che sono invece gli attuali costi diretti e indiretti di un’orticaria trattata in maniera inefficiente, che ammontano a circa 40 milioni di euro l’anno, tra gli eventi avversi delle cure cortisoniche e le assenze dal lavoro per i disagi provocati dal prurito che non passa mai.

A oggi il Sistema Sanitario rimborsa la terapia per un massimo di 11 mesi, che per alcuni casi più complessi possono essere insufficienti. A seguito delle proteste dei pazienti, l’AIFA si è impegnata a verificare se la rimborsabilità possa essere estesa oltre i 12 mesi in casi specifici e SIAAIC lancia un appello perché i piani terapeutici possano essere allungati e sia così tutelata al meglio la salute dei pazienti.

 

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