Salute

Prevenire l’emicrania è possibile?

L’uso fai-da-te di analgesici da banco rischia di peggiorare la situazione. Dalle modifiche degli stili di vita agli integratori, fino ai farmaci per la profilassi, ecco come affrontare in anticipo la più diffusa forma di mal di testa

L’emicrania è donna. E, come la donna, è imprevedibile, complessa e piena di sfumature. Proprio perché – nella genesi e nella terapia – può riguardare contemporaneamente diversi aspetti della vita sotto il profilo biologico, psicologico, affettivo e comportamentale. Per questo dev’essere affrontata secondo un approccio di genere sempre più personalizzato. Modulato dal medico soprattutto sulla scorta della storia clinica e delle abitudini di ogni paziente. 

Le caratteristiche dell’emicrania

«Quando si parla di emicrania si fa riferimento a una patologia del sistema nervoso centrale», spiega Licia Grazzi, neurologa e responsabile del Centro cefalee dell’IRCCS Istituto Carlo Besta di Milano. «È una forma di cefalea. E, a oggi, le cefalee sono un centinaio identificate e declinate nella classificazione internazionale delle cefalee. Alcune sono dette primarie e altre secondarie in quanto sono causate da altre condizioni di malattia. Mentre noi le definiamo tutte genericamente come mal di testa».

Gruppo San Donato

«L’emicrania ha però alcune caratteristiche peculiari. Il dolore è molto intenso e spesso pulsante, concentrato in un solo lato del capo. La crisi, che si presenta con frequenza variabile, può durare per qualche ora ma anche più giorni. E si può accompagnare a sintomi come nausea, fotofobia, lacrimazione e ipersensibilità a suoni e odori. Prima dell’attacco talvolta compaiono disturbi della vista. O altri disturbi neurologici specifici che caratterizzano un attacco di emicrania con aura».  

L’emicrania colpisce le donne multitasking

In Italia – ma la situazione è simile nel mondo – l’emicrania predilige il sesso femminile (con un rapporto di tre a uno rispetto ai maschi). «Si tratta quasi sempre di donne in età fertile, al picco della loro vita professionale, che hanno una famiglia. Stiamo dunque parlando di ragazze e signore decisamente multitasking. Che convivono con l’ansia di dover tenere tutto sotto controllo», prosegue la specialista.

«A influenzare il disturbo contribuiscono anche le fluttuazioni ormonali legate al ciclo. Che acuiscono il dolore durante l’ovulazione e nei giorni delle mestruazioni. Il mal di testa può comparire già nella pubertà e dopo il menarca. S’intensifica fra i 30 e i 50 anni e talvolta si attenua in menopausa. Ma non è la regola, perché a volte può anche peggiorare».

Prevenire l’emicrania con gli analgesici?

La donna che soffre di emicrania, a stare alle statistiche, tende anche a rimandare visite ed esami clinici. E, per tamponare il disagio, non esita a ricorrere alle terapie fai-da-te. Non di rado fidandosi del passaparola. «L’abuso di farmaci sintomatici, che andrebbero prescritti dal medico e usati con accortezza, nel tempo può portare a un’abitudine e a un peggioramento degli attacchi. Sia per frequenza che per intensità. Così i farmaci perdono la loro efficacia», avverte Licia Grazzi.

C’è poi un altro problema. «Spesso infatti i pazienti hanno una sorta di cefalalgofobia. Cioè hanno paura dell’attacco ancora prima che si manifesti. Per questo prendono i farmaci precocemente, al primo accenno di malessere, o addirittura in modo preventivo, ogni giorno. Soprattutto se sanno di dover affrontare impegni di lavoro o giornate difficili in cui bisogna garantire il massimo della prestazioni, scivolando poco per volta in un circolo vizioso che si crea tra farmaco e dolore».

Rischio abuso di analgesici

Così facendo, si rischiano intossicazioni a livello epatico, eruzioni cutanee, disturbi gastrointestinali e renali, dolori muscolo-scheletrici, oltre a sonnolenza e torpore. Senza contare che, sul piano psicologico, il cefalalgico si sente perennemente malato. Sia nei giorni in cui ha l’attacco di emicrania sia quando ha paura che arrivi. E, poco per volta, diventa sempre più rassegnato e meno reattivo.

«I pazienti che si rivolgono ai centri per le cefalee lamentando i sintomi di un’emicrania che non è stata curata e si è ormai cronicizzata spesso hanno necessità di un programma di disintossicazione. Ci sono persone che riferiscono di assumere fra le 30 e le 60 compresse o bustine di analgesici al mese», spiega la neurologa.

La disintossicazione

«I protocolli detox si possono svolgere a casa o in day hospital. Il trattamento domiciliare funziona molto bene con i pazienti motivati. Altrimenti si procede in ospedale con sedute di due-tre ore di terapia infusionale in vena, a base di sostanze depurative che a volte, in casi particolari, vengono associate al cortisone a bassi dosaggi. Un supporto psicologico è opportuno per i pazienti che si impegnano nel programma di disintossicazione. Viene proposto un ciclo sedute di terapia comportamentale con pratica di mindfulness, per un totale di sei incontri a cadenza settimanale, online, di circa un’ora ciascuno, durante i quali si spiega come gestire il dolore e come utilizzare correttamente dei farmaci».

In molti casi, però, è il paziente che continua a chiedere le pillole, perché sembrano la via più breve, semplice e immediata per prevenire gli attacchi. «Chi soffre di emicrania è in genere una persona abitudinaria e poco flessibile. E si adatta con difficoltà a cambi di ritmo di vita e di schemi consolidati», chiarisce Licia Grazzi. «Spetta a noi spiegare che i farmaci sintomatici non vanno demonizzati. Ma devono essere individuati dallo specialista e somministrati a dosi controllate e in maniera appropriata».

Prevenire l’emicrania con gli anticorpi monoclonali

Il trattamento dell’emicrania sta subendo però una rivoluzione. Fino a poco tempo fa, infatti, la malattia era trattata solo con farmaci «presi in prestito» da altre patologie. Per anni (e in parte ancora oggi) il mal di testa è stato curato con gli antinfiammatori non steroidei, gli antiepilettici, i betabloccanti e gli antiaritmici. E la tossina botulinica ha dato buoni risultati per l’emicrania cronica.

«La prima terapia specifica, non mutuata da altri ambiti clinici, è quella a base di anticorpi monoclonali. Speciali molecole che bloccano l’azione del CGRP (acronimo dall’inglese Calcitonin Gene Related Peptide, ndr), un peptide che partecipa al processo a cascata che determina l’attacco di emicrania», specifica l’esperta. «Questi farmaci non vanno assunti durante l’attacco acuto ma come profilassi e a cadenza mensile. In media ogni 28 giorni, con un’iniezione sottocutanea. Già numerose ricerche confermano che sarebbero in grado di trasformare in episodica un’emicrania cronica, dimezzando nel 60% dei casi la frequenza degli attacchi, e il tutto senza troppi effetti collaterali, al punto che sono già stati avviati in tutto il mondo studi per l’utilizzo degli anticorpi monoclonali in età pediatrica».

Prevenire l’emicrania con i nutraceutici

Se invece l’emicrania si presenta in maniera ricorrente (in media con un attacco ogni otto-dieci giorni), ma non in misura tale da doversi rivolgere a un centro cefalee, per prevenire l’emicrania si può seguire la strada della nutraceutica. Una forma di terapia di ultima generazione che si basa sull’utilizzo di sostanze naturali o estratti da alimenti in grado di svolgere un ruolo positivo sui meccanismi fisiologici del nostro organismo. 

Il Ginkgo biloba

«L’efficacia di alcuni rimedi naturali è scientificamente confermata per la prevenzione dell’emicrania ma non per attenuare il dolore quando arriva l’attacco», puntualizza Piero Barbanti, direttore dell’Unità per la cura e la ricerca su cefalea e dolore dell’IRCCS San Raffaele di Roma. E presidente dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee (Anircef). «Si tratta di sostanze efficaci e prive di effetti collaterali. Anche se prima di assumerle un parere medico non guasta mai, soprattutto quando si soffre di malattie pregresse o si stanno assumendo farmaci».

«È ormai accertato che il ginkgolide B, un principio attivo presente nel Ginkgo biloba, pianta nota nella medicina cinese da millenni, garantisce dei benefici nella prevenzione dell’emicrania. In particolare nella forma con aura, in quanto riuscirebbe a ridurre l’iper eccitabilità dei neuroni che, nel paziente emicranico, sono molto più attivi del normale». Per ottenere dei risultati apprezzabili, l’estratto secco di Ginkgo biloba si assume due volte al giorno, nella dose totale di 120-240 milligrammi, per cicli di tre-quattro mesi.

Acido folico o partenio

Ma «non è adatto ai pazienti che sono in cura con anticoagulanti. E, nel caso, si può sostituire con l’acido folico. Oppure con il partenio, estratto dal Tanacetum parthenium, pianta appartenente alle Asteraceae simile a una grande margherita e spesso visibile in luoghi incolti, già utilizzata dagli antichi romani e probabilmente anche dai Greci per curare i mal di schiena degli operai impegnati nella costruzione del Partenone», annota lo specialista. «Il partenio inibisce il rilascio trigeminale di CGRP, neuropeptide chiave dell’emicrania. E agisce sui recettori della serotonina, svolgendo attività analgesica e antinfiammatoria. E anche in questo caso, per ottenere l’effetto desiderato va prevista un’assunzione di qualche mese».

Vitamina B2

Chi è soggetto a emicrania non dovrebbe inoltre sottovalutare una supplementazione con la vitamina B2, o riboflavina. Abbonda nel latte, nelle uova e nel lievito di birra, ma si assume anche come integratore. «Questa sostanza ha la capacità di potenziare l’attività dei mitocondri, che sono un po’ le batterie delle nostre cellule, comprese quelle neuronali», spiega Barbanti, autore del recente Emicrania. Storia di un personaggio in cerca d’autore (Ed. Il Sole 24 Ore). «La riboflavina consente dunque di dare energia ai neuroni troppo eccitabili dei soggetti emicranici. Ne bastano 400 milligrammi al giorno, come preparato galenico, ed è assolutamente sicura. Basti dire che si utilizza a tale scopo già negli anni Quaranta e tutt’ora è un’arma formidabile per il trattamento dell’emicrania in età pediatrica».

Prevenire l’emicrania con il coenzima Q10

Un’azione molto simile è garantita anche dal coenzima Q10, o ubiquinone, che come la vitamina B2 rinforza la produzione di energia nei neuroni. «Un dosaggio di 300 milligrammi al giorno somministrato per periodi prolungati di tre-quattro mesi si è rivelato efficace nella profilassi contro l’emicrania in termini di riduzione della frequenza degli attacchi e intensità del dolore», prosegue il neurologo. «E poiché il coenzima Q10 è anche un valido antiossidante, si consiglia in particolare ai pazienti emicranici che hanno più di 50 anni per prevenire gli attacchi. E per ritardare, nel contempo, l’invecchiamento cellulare».

Per prevenire l’emicrania evitare il digiuno

Per prevenire l’emicrania, è infine indispensabile apportare dei minimi correttivi alla dieta. «Bisogna abituarsi a fare cinque pasti al giorno, perché il cervello di chi soffre di emicrania tende a essere spesso affamato di energia e per questo va alimentato con regolarità, per evitare che scivoli in una situazione di carenza che innesca il meccanismo del dolore», fa notare Barbanti, che nel suo Mangia sano che ti passa. Nutrizione e mal di testa. Miti, scienza e novità (CIC Edizioni Internazionali) fornisce i consigli chiave per combattere l’emicrania con una corretta alimentazione.

In generale, poi, «si raccomandano cinque porzioni di vegetali crudi o cotti al giorno, che hanno un’azione depurativa e antiossidante. Andrebbero poi limitati gli alcolici e gli zuccheri, che aumentano gli indici di infiammazione. E invece privilegiati i cibi ricchi di acidi grassi polinsanturi della serie Omega 3. Come il pesce azzurro, i semi oleosi, il germe di grano e l’olio di semi di lino, noti per la loro azione antiflogistica. Attenzione invece agli Omega 6, in particolare l’acido arachidonico, presente per esempio nella carne di maiale e negli insaccati. Danneggiano gli Omega 3 e rendono più probabile la comparsa dell’emicrania».

Magnesio e acqua in abbondanza

Per prevenire l’emicrania anche il magnesio è un bell’asso nella manica. «Riduce l’eccessiva attività del glutammato, una molecola che fa aumentare l’eccitabilità neuronale», prosegue l’esperto. «Abbonda nell’avocado, nelle banane, nei legumi, nei cereali integrali e nella frutta secca. Oppure può essere assunto in bustine o compresse, la sera prima di coricarsi».

Una volta di più, bisogna bere. Perché l’acqua è indispensabile per attivare le reazioni chimiche a livello cerebrale e per eliminare le scorie che ne derivano. «Diversi studi hanno dimostrato che una saggia iper idratazione, pari all’assunzione di circa un litro in più rispetto alla classica dose raccomandata di un litro e mezzo al giorno, avrebbe un valido effetto di prevenzione del dolore», assicura Barbanti. «Il cervello emicranico è come un motore che lavora a ritmi elevati. E una dose appropriata di acqua è essenziale per stare dietro alla sua superattività».

Massimo tre caffè al giorno

E per restare sul capitolo bevande, vale la pena di spezzare una lancia favore del caffè, a patto di non superare le tre tazzine (di espresso) al giorno. «Con questi dosaggi ne è stata dimostrata l’azione anti emicranica. Perché la caffeina è un buon vasocostrittore, antagonizza i recettori per l’adenosina, contrasta la sintesi di leucotreni e prostaglandine, che sono i principali mediatori dell’infiammazione, e riduce la secrezione del CGRP, la medesima molecola-bersaglio dei nuovi farmaci a base di anticorpi monoclonali», conclude lo specialista.

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