Il premio Nobel 2016 per la medicina è andato al biologo giapponese Yoshinori Ohsumi per i suoi studi sull’autofagia. Ma cos’è il meccanismo dell’autofagia e quali strade terapeutiche apre? Lo abbiamo chiesto a Mario Chiariello, primo ricercatore del Centro Nazionale di Ricerche Istituto di Fisiologia Clinica a Siena.
«È un meccanismo che sta alla base di malattie neuro degenerative, del diabete, del cancro, delle infezioni – spiega Mario Chiariello. – Naturalmente dipende se alterato o meno, però può essere sfruttato per la terapie di tutte queste patologie».
Se dovesse spiegare cos’è l’autofagia e un bambino, che parole userebbe?
Nell’accezione più semplice è un meccanismo che usa la cellula per eliminare i propri rifiuti, ma soprattutto per riciclarli. Sono abbastanza chiari i problemi a cui va incontro qualsiasi tipo di fenomeno, quando non si riesce a eliminare i rifuti. Questo avviene anche nella cellula. Se c’è un problema nel meccanismo di eliminazione dei rifiuti ci possono essere queste patologie.
Come avviene il sistema del riciclaggio all’interno delle cellule?
In pratica le cellule sono in grado di avvolgere in una membrana, in una vescicola il materiale vecchio o non funzionante e lo fonde con altre vescicole che hanno sostanze in grado di degradarle. Una volta degradate vengono ridotte ai loro costituenti più piccoli. Ad esempio gli zuccheri vengono ridotti in zuccheri più semplici o le proteine in amminoacidi. Una volte ridotte escono dalla membrana e possono essere utilizzati dalla cellula per creare nuove macro molecole, quindi nuove proteine o nuovi zuccheri.
Quando si ammala la cellula?
La cellula può ammalarsi, perché può accumulare grosse quantità di queste sostanze che diventano tossiche. Questo accumulo senza eliminazione può scatenare malattie.
Esistono già applicazioni sul campo delle scoperte del professor Ohsumi?
Al momento ci sono molti trial clinici nell’ambito della cura dei tumori. Le cellule tumorali sono in grado di sfruttare l’autofagia per rispondere meglio alle chemioterapie, facendole diventare più efficaci. Ci sono già dei farmaci sperimentali che vengono usati per questo scopo. In alcuni casi l’autofagia dev’essere accelerata in altri ridotta. Si tratta di trovare farmaci adatti per la strategia migliore.
Francesco Bianco
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