Cefalea, male agli occhi, dolore al torace, mal di gola, all’addome e ultimamente persino dolore a viso e nuca. Gli strascichi dell’infezione da coronavirus sembrano non finire mai. E la voce dolore, in effetti, occupa uno spazio importante perché colpisce il 50% circa dei pazienti post Covid-19. La colpa, secondo una ricerca presentata all’ultimo Congresso Nazionale di FederDolore-SICD (Società Italiana Clinici del Dolore), sarebbe proprio del virus, che nel suo attacco all’organismo viaggia tra cervello e polmone lungo il nervo vago. Lo studio è frutto di una collaborazione interdisciplinare del Polo Universitario San Paolo ed è stato pubblicato sul Journal of Neurology.
Il percorso del coronavirus nell’organismo
Fin dai primi casi gravi di Covid-19 gli studiosi hanno osservato delle alterazioni respiratorie che non potevano essere giustificate solo con la polmonite. Da qui la scoperta che il virus utilizza la strada di diffusione lungo le fibre nervose per scatenare il dolore. La sua presenza, infatti, è stata documentata non solo nelle aree cerebrali di controllo del respiro, ma è stato rilevato nel tragitto tra polmone e cervello lungo il nervo vago che controlla diverse funzioni corporee.
Dolore a viso e nuca
Risponde poco ai farmaci
Il dolore muscolare e in particolare quello a viso e nuca può durare anche fino a sei mesi dopo il contagio dal virus e si manifesta, come detto, in modo diffuso. Peccato che risponda poco ai farmaci. «Purtroppo la risposta alla terapia farmacologica si è rivelata bassa e preoccupa anche le nuove sindromi dolorose a livello del volto, quali nevralgie trigeminali, occipitali che coinvolgono il volto e la nuca. Sono più rare, ma la dimensione di questa nuova forma sta aumentando» spiega Giuliano De Carolis, presidente FederDolore-SICD.
Come trattarlo?
«Il dolore cronico che colpisce la testa può avere diverse origini. La più frequente di queste è quella di tipo neuropatico. E può dipendere da diverse cause che possono portare ad una lesione nervosa. Come nevralgia postherpetica, nevralgia trigeminale, cefalea, emicrania, eccetera» continua l’esperto. «I trattamenti su questi tipi di dolore sono inizialmente di tipo farmacologico. Si basano sui farmaci specifici per il dolore neuropatico (antiepilettici, antidepressivi, cannabinoidi). Se poi il dolore risulta resistente ai trattamenti farmacologici oppure questi provocano degli effetti collaterali intollerabili per il paziente, si può ricorrere con buon successo alle tecniche di neuromodulazione elettrica (radiofrequenze, Pens, neurostimolazione periferica e così via).
L’importante è non abusare di farmaci da banco antidolorifici, un problema reale e ben conosciuto. Questi medicinali andrebbero utilizzati nella fase acuta solo per pochi giorni. Al massimo una settimana. Successivamente, soprattutto se si soffre di patologie croniche (diabete, ipertensione, insufficienza renale, cardiopatia) è necessario affidarsi alla valutazione di un medico. È importante ricordare che l’accesso alla terapia del dolore, con rimborso da parte del sistema sanitario nazionale, è garantito dalla legge 38 a tutti i pazienti cronici.
Dolore cronico post Covid
Nel post pandemia l’esperto preannuncia una nuova emergenza, riguardante tutti quei pazienti che hanno sviluppato dolore cronico come conseguenza dell’infezione. «Sono quelli che hanno manifestato cronicizzazione anche a distanza di mesi dalla risoluzione dell’infezione» continua l’espero. «Corrispondono circa al 4% dei casi Covid più gravi. Cioè quelli ricoverati o addirittura intubati».
Dolore e ricadute sull’infezione
Ci sono tre vie che il virus può usare per provocare il dolore: diretta, mediata dall’infiammazione e come conseguenza del protrarsi della malattia. «Quando continua lo stimolo infiammatorio ci sono alterazioni a livello nervoso con una cronicizzazione che colpisce circa il 30% dei pazienti» fa sapere Emanuele Piraccini, Terapia del Dolore, Ospedale Bellaria AUSL Bologna. «Si è visto anche che i pazienti già affetti da dolore cronico se colpiti dal Covid, hanno avuto una notevole riacutizzazione. Inoltre il dolore in corso di infezione da coronavirus ha un effetto negativo su tutto il decorso della malattia. Basti pensare che un paziente che ha dolore toracico e non riesce a tossire, può accumulare secrezioni a livello polmonare. Quindi avere più facilmente infezioni o polmoniti».
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