Che sia il nome dell’ex fidanzato, un disegno sbiadito o un tribale mal riuscito, poco importa: la schiera dei pentiti del tatuaggio sta aumentando notevolmente, tanto che secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità su 7 milioni di italiani tatuati circa il 17% ha dichiarato di voler rimuovere il proprio tattoo e il 4,3% degli scontenti lo ha già cancellato. Scopri qui quali sono i 10 tatuaggi dei quali ci si pente di più.
Attenzione alle pomate fai-da-te vendute in internet
La Food and Drug Administration (FDA), cioè l’agenzia statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, avverte l’esercito dei “tattoo-pentiti” di non utilizzare pomate e creme fai-da-te facilmente reperibili in Rete, che vengono spacciati come prodotti “miracolosi” in grado di rimuovere l’inchiostro dei tatuaggi. In realtà «non ci sono dati clinici che ne dimostrino l’efficacia. Anzi, possono causare eruzioni cutanee, bruciature, cicatrici o cambi di pigmentazione della pelle».
Sì alle tecniche laser
Se in passato per rimuovere un tatuaggio si poteva ricorrere a tecniche chirurgiche, che lasciavano cicatrici più o meno evidenti, oggi con i laser non esistono più problematiche di questo tipo. Come funziona il laser? Gli impulsi di energia ad alta intensità colpiscono in modo selettivo i pigmenti del tatuaggio, frammentandolo in piccole particelle che possono essere metabolizzate, espulse dal corpo o trasportate e immagazzinate nei linfonodi o altri tessuti.
Ad ogni colore… il suo laser!
A seconda del colore del tatuaggio, viene usato un laser diverso: i tattoo con tonalità leggere (verde, rosso e giallo) sono i più ostinati da eliminare, mentre quelli intensi (come blu e nero) sono più facilmente removibili. Anche in base al tipo di pigmento utilizzato (di origine vegetale o minerale) possono esser necessari più trattamenti, distanziati di circa un mese uno dall’altro. In generale, secondo l’Accademia Americana di Dermatologia occorrono dalle 6 alle 10 sedute.
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