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Pacemaker: e se si potesse ‘provare’ prima dell’intervento?

Negli Usa, un progetto pilota ha dato questa possibilità ai pazienti per facilitare una scelta informata

I medici dell’Università dell’Iowa lo hanno paragonato a un ‘drive test‘, un po’ come provare l’automobile prima dell’acquisto solo che qui si parla di pacemaker. Questa possibilità è stata data a un piccolo gruppo di pazienti, sei persone tra i 40 e gli 82 anni con bradicardia (il cuore batte a ritmo più lento della norma), che hanno sperimentato la ‘convivenza’ con un device temporaneo per regolare il battito cardiaco. I risultati dell’esperimento pilota sono stati presentati in occasione del meeting della European Heart Rhythm Association (EHRA) e Cardiostim, in corso a Milano.

Di fronte alla prospettiva di sottoporsi all’impianto di pacemaker, generalmente «i pazienti hanno molti dubbi, come l’impatto estetico», spiega Michael Giudici, direttore del servizio di aritmologia presso l’ateneo americano. L’intervento, infatti, lascia dei segni visibili: una cicatrice nella parte superiore del petto, una protuberanza in corrispondenza dell’elettrodo che collega il cuore alla ‘centralina’ che regola i battiti. «Per le donne crea questi problemi l’impianto sottocutaneo, di solito consideriamo di impiantarlo in area sottomammaria. Per le persone più anziane, il pacemaker può dare fastidio quando prendono in braccio i nipotini. Inoltre ci sono altre perplessità legate al semplice fatto di avere un corpo estraneo nel corpo».

Gruppo San Donato

Per dare un’idea realistica ai pazienti di come ci si sente con un pacemaker nel petto, il gruppo ha utilizzato dei pacemaker temporanei, gli elettrodi sono stati posizionati correttamente nel cuore mentre il corpo del dispositivo (la batteria e la centralina) non sono state inserite nel torace in modo permanente. Questo ha consentito ai pazienti di provare per 2-3 settimane la convivenza, valutandone quindi l’eventuale disagio o fastidio causato dall’impianto ma anche di avere per la prima volta il battito normalizzato. Tutti i sei pazienti, al termine di questo ‘drive test’, hanno poi scelto di sottoporsi all’impianto permanente perché hanno percepito un miglioramento della qualità della vita, dovuto all’azione del pacemaker, che ha compensato e superato i ‘contro’ dovuti alle cicatrici e al corpo estraneo nel petto. «Questo test dà la possibilità ai pazienti di affrontare l’intervento con la maggiore consapevolezza che il pacemaker porterà loro dei real benefici», sottolinea il medico. «Consente loro di scegliere e questo, alla fine, li rende molto più sereni rispetto a quando il medico sceglie per loro».

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