Similia similibus curentur, che per chi ha voglia di rispolverare il latino significa «il simile cura il simile». Fu questo il principio ispiratore con cui il medico tedesco Samuel Hahnemann alla fine del XVIII secolo inventò l’omeopatia. A distanza di oltre 200 anni, questa pratica terapeutica è del tutto screditata dalla medicina e dalla ricerca scientifica. Tuttavia è ancora utilizzata da milioni di persone in tutto il mondo. Le vendite di preparati sono in calo. Muovono però ancora un mercato di svariate centinaia di milioni di euro. L’omeopatia alimenta diatribe accesissime. È protagonista di libri di successo, di drammatiche vicende di cronaca, di confronti fra istituzioni. Ma vediamo da dove tutto ciò è partito.
In questo articolo
Cosa pensano gli italiani dell’omeopatia?
Una recente indagine sulla conoscenza e l’utilizzo in Italia dei prodotti omeopatici sostiene che il 57% ha usato l’omeopatia per curare un disturbo almeno una volta nella vita. In più di 8 casi su 10 chi l’ha usata si è dichiarato soddisfatto. La maggior parte di loro l’ha scelta per trattare malattie croniche, mentre il 27% per sostituire una terapia che non aveva dato i risultati sperati. Un quarto di chi si affida all’omeopatia lo fa per sostenere la pratica sportiva.
Omeopatia: diluizione e dinamizzazione
Come avviene la diluizione?
Sperimentando su di sé gli effetti di una sostanza usata contro la malaria, Hahnemann elaborò la sua dottrina. Per curare una data malattia si deve utilizzare la sostanza che in una persona sana provoca sintomi simili a quelli osservati nel malato. Il tutto però, in dosi infinitesimali. Il principio attivo (che può essere di origine animale, vegetale, minerale, chimica o biologica) viene diluito numerose volte. Ad esempio, i preparati identificati con la dicitura CH hanno una diluizione centesimale. A ogni passaggio si buttano 99 parti della soluzione e si diluisce la centesima parte restante in altre 99 parti di soluzione. Il tutto ripetuto 5, 7, 15, 100 o 200 volte, a seconda del preparato (5CH, 7CH, 15CH e così via). Lo stesso vale per la diluizione su base decimale (DH) o cinquantamillesimale (LM).
La dinamizzazione
Dopo ogni diluizione, la soluzione viene scossa energicamente per «dinamizzarla» e creare nuovi legami fra le molecole. Secondo gli omeopati, la soluzione risultante avrebbe la capacità di attivare nell’organismo una «risposta di autoguarigione» dotata del grande pregio di non avere effetti collaterali. Secondo le leggi della chimica e secondo le analisi condotte sui preparati, del principio attivo non c’è praticamente più traccia.
Criteri di valutazione diversi
«La dottrina elaborata da Hahnemann arrivava in un periodo in cui si diceva “muoiono più persone di cura che di malattia”». Giuseppe Remuzzi è direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Nel frattempo, però, la medicina ne ha fatta di strada. Si conoscono le cause delle malattie, virus e batteri, si studiano le cellule e il Dna, e i criteri di valutazione non possono più essere gli stessi.
«La medicina è una sola, ed è regolata da un principio semplice. Se una cura è stata sperimentata in modo rigoroso e funziona, allora viene accettata come medicina. Ci vogliono dati di laboratorio che suggeriscano un meccanismo d’azione, studi che dimostrino che non fa male e che è più efficace dei farmaci esistenti. Tutto questo è necessario per sperimentare e vendere un farmaco, e l’omeopatia non risponde a nessuno di questi criteri».
Eppure chi la usa è disposto a spendere perché ne trae beneficio e questa è tutta l’evidenza che occorre, sottolineano gli omeopati. «Non si misura una terapia medica sulla base del gradimento. In molti casi gli omeopatici si prendono per malanni che con il tempo sarebbero passati comunque, oppure durante le cure con altri farmaci, e si finisce per attribuire il miglioramento solo ai primi. Nell’omeopatia gli effetti ci sono, ma non sono diversi dal placebo».
Decenni di indagini sull’omeopatia: cosa sappiamo?
Studi clinici controllati, osservazionali, randomizzati, revisioni di studi e persino revisioni di revisioni di studi hanno cercato prove dell’efficacia e della sicurezza delle cure omeopatiche. Ad esempio, una metanalisi del National Health and Medical Research Council of Australia nel 2015 ha rivisto 225 ricerche sull’omeopatia. Nel 2005 Mathias Egger, un epidemiologo svizzero, ha pubblicato su Lancet un confronto fra 110 sperimentazioni su omeopatici e 110 su farmaci convenzionali. Almeno 15 revisioni Cochrane (l’organizzazione internazionale che si propone di tirare le somme sulle conoscenze scientifiche su un dato trattamento) sono dedicate al tema. Hanno considerato l’omeopatia, valutandola su infezioni respiratorie, asma, demenza, induzione del parto, vampate durante le terapie per il tumore al seno. In questi e negli altri lavori di rilievo la risposta è stata: non ci sono evidenze che i preparati omeopatici abbiano efficacia superiore al placebo.
L’effetto placebo
«Per quanto possiamo dire oggi, l’omeopatia è solo effetto placebo. Al momento non c’è alcuna evidenza sperimentale seria e rigorosa che dimostri che un’ultradiluizione possa avere effetti terapeutici». Così Fabrizio Benedetti, docente di fisiologia umana e neurofisiologia all’Università di Torino, uno dei massimi esperti di placebo che ne ha dimostrato gli effetti, spesso straordinari. «Placebo, (piacerò in latino), stava a indicare un finto farmaco, dato al malato per compiacerlo più che per la sua azione terapeutica. Oggi è usato come termine di confronto nelle sperimentazioni per verificare se una terapia è efficace. Sappiamo che è un fenomeno complesso che coinvolge mente e corpo. Fiducia, speranza, aspettative positive possono modificare i circuiti nervosi nel cervello del malato e indurre cambiamenti di molte funzioni di tutto il corpo».
«La somministrazione di un placebo può attivare la liberazione di sostanze come le endorfine, gli endocannabinoidi o la dopamina. In alcune circostanze, e in misura diversa da individuo a individuo, ci fanno sentire meglio e migliorano la sintomatologia, se siamo ammalati».
Omeopatia: la relazione medico-paziente
Se l’effetto placebo è legato al sentirsi curati, allora è evidente quanto abbia a che fare con la relazione fra medico e paziente. Molte analisi hanno documentato il nesso fra il tempo dedicato e la capacità di ascolto del medico e l’efficacia delle cure. Alcuni anni fa, una ricerca americana misurò l’effetto del grado di empatia del curante persino sui sintomi e la durata del raffreddore in 350 persone. «Spesso gli omeopati dedicano tempo agli ammalati e li ascoltano. Questa – non i granuli o le gocce – è medicina, buona medicina. Dovrebbe essere un punto centrale anche nella formazione dei medici», aggiunge Remuzzi.
Omeopatia innocua fino a un certo punto
Se l’omeopatia è «acqua fresca» (parafrasando il titolo di un celebre libro di Silvio Garattini sull’argomento), significa che non farà male. O no? «Non è tutto innocuo, rivolgersi a terapie non convenzionali e non supportate da prove di efficacia è un costo inutile ma può, in alcuni casi, anche essere un rischio». Susanna Esposito è professore ordinario di pediatria all’Università degli Studi di Parma. «Il punto è che le famiglie non considerano gli omeopatici medicine. Invece è importante sempre confrontarsi con il medico, nel caso dei bambini con il pediatra. Un terzo dei genitori usa preparati o integratori per prevenire malattie infettive nei figli. In alcuni casi si sono verificate reazioni nocive ai preparati, che non sottostanno agli iter di approvazione rigorosi previsti per i farmaci. Spesso infatti i principi attivi sono poco chiari, così come le modalità con cui sono stati sperimentati e ne è stata verificata la sicurezza».
Prevenzione o cura: comunque cautela
Se è comune ricorrere all’omeopatia in chiave preventiva, più raro e più pericoloso è farne uso come cura. «È grave, soprattutto se ci si affida a fantomatici specialisti che propongono approcci fasulli, spesso sulla base di test non validati, e magari convincono a non usare le terapie convenzionali perché impegnative», afferma la pediatra. «Nella mia esperienza, ad esempio, ho incontrato famiglie a cui era stata consigliata l’omeopatia per curare il lupus eritematoso sistemico (LES). O casi di malattie neurologiche, famiglie devastate dalla patologia progressiva di un figlio che ricorrevano a raccolte fondi per potersi pagare le cure non convenzionali. Gravissimo inventare storie su situazioni così dolorose».
Omeopatia: cosa succede negli altri Paesi
Unione Europea
I preparati omeopatici sono regolati dalla direttiva EU 2001/83/EC riguardante i prodotti medicinali per l’uso nell’uomo. Sono classificati come «medicinali», venduti liberamente, ma possono essere immessi sul mercato con una procedura semplificata, senza le prove sperimentali di tutti gli altri medicinali, nel caso in cui:
- siano assunti oralmente o esternamente;
- non compaiano indicazioni terapeutiche specifiche sull’etichetta del prodotto;
- siano sufficientemente diluiti.
Italia
Dal 2020 sarà necessario ottenere l’Aic (Autorizzazione per l’immissione in commercio) che prevede una valutazione sulla sicurezza (non sull’efficacia) da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). I prodotti omeopatici non sono rimborsabili e il loro acquisto è a carico totale dei cittadini. Possono comunque poi chiedere la deduzione dalla dichiarazione dei redditi come per le altre spese mediche.
Regno Unito
Il servizio sanitario nazionale britannico (NHS) nel 2017 ha incluso gli omeopatici nella lista dei farmaci non rimborsabili perché «privi di prove scientifiche di efficacia».
Spagna
Nel 2018 il governo spagnolo ha annunciato un piano d’azione per contrastare le terapie pseudoscientifiche, includendo anche l’omeopatia, e escluderle da università e ospedali. Da Madrid parte anche la richiesta per rivedere la direttiva UE che definisce «medicinali» i prodotti omeopatici.
Francia
Il ministero della Salute francese ha annunciato che la rimborsabilità delle spese per trattamenti omeopatici (attualmente pari al 30% del costo, 126,8 milioni di euro nel 2018) verrà gradualmente ridotta e cancellata del tutto entro il 2021. Questo a seguito del rapporto della Haute Autorité de Santé (HAS) secondo cui l’omeopatia «non ha scientificamente dimostrato sufficiente efficacia da giustificare i rimborsi».
Germania
La KBV, associazione nazionale delle assicurazioni mediche che rappresenta 150.000 medici tedeschi, ha dichiarato che le compagnie assicurative non dovrebbero coprire servizi omeopatici.
Stati Uniti
Nel 2017 la Federal Trade Commission (FTC) americana, che si occupa della tutela dei consumatori e della concorrenza, nelle sue linee guida ha affermato che i prodotti omeopatici da banco privi del sostegno di evidenze scientifiche solide potranno essere considerati come «non ingannevoli» solo se verrà esplicitato chiaramente sull’etichetta che non vi sono prove scientifiche di efficacia e che tutte le informazioni fornite si basano unicamente su teorie ottocentesche, oggi giudicate inaccettabili dalla larga maggioranza dei medici.