Un altro piccolo indizio va ad aggiungersi agli altri nella caccia al tesoro, dove per tesoro si intende una terapia efficace alla cura delle Sclerosi laterale amiotrofica. «Le vittime della Sla sono oltre 5 mila, ma i dati a disposizione sono pochi, spiega di Maurizio Inghilleri, responsabile del Centro Sla del Policlinico Umberto I di Roma – Dipartimento di Scienze Neurologiche Università di Roma “La Sapienza”. Ora un network di ricercatori internazionali, nutrito il parterre italiano, ha scoperto il legame tra la malattia e il gene codificante per Profilina 1.
Lo studio è stato condotto dal consorzio guidato da John E. Landers del Dipartimento di Neurologia dell’Universitàdel Massachusettsa cui hanno contribuito in maniera significativa Vincenzo Silani dell’Istituto Auxologico Italiano – Università degli Studi di Milano, Centro Dino Ferrari, e Cinzia Gellera genetista dell’Istituto Neurologico Besta.
La SLA è una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni (le cellule del sistema nervoso che comandano i muscoli), determinando la paralisi progressiva di tutta la muscolatura scheletrica. Per questa malattia, nota anche al grande pubblico per avere colpito famosi atleti e calciatori, non esiste, a tutt’oggi, terapia efficace. Utilizzando una tecnologia innovativa chiamata “exome sequencing”, che consente di sequenziare le regioni codificanti dell’ intero genoma, i ricercatori hanno scoperto che il 2-3% di tutti i pazienti affetti da una forma genetica di SLA risultano portatori di mutazioni nel gene PFN1 che nelle cellule codifica per la proteina Profilina 1.
«Profilina 1 – spiega Silani – è una proteina fondamentale per il citoscheletro, l’insieme delle strutture che costituiscono l’impalcatura delle cellule e che permettono il trasporto di organelli all’interno delle medesime. Profilina 1 regola il corretto assemblaggio delle molecole di actina nei microfilamenti ed è indispensabile quindi per la maturazione e il corretto funzionamento dei motoneuroni».
«Con le nostre ricerche abbiamo dimostrato come le mutazioni di PFN1 trovate nei pazienti affetti da SLA alterano il legame con l’actina», prosegue Gellera, «riducendo la formazione di microfilamenti ed, da ultimo, impedendo il corretto sviluppo delle fibre nervose (assoni e dendriti) motoneuronali. Gli esperimenti effettuati hanno anche evidenziato come la proteina mutata diventi insolubile formando aggregati che “soffocano” la cellula”».