Sentirsi un nodo alla gola non è solo sinonimo di tristezza e malinconia. Anche la tiroide può generare questa fastidiosa sensazione di oppressione, quando sulla sua superficie si formano dei noduli (grandi alcuni centimetri) che impediscono di respirare e deglutire normalmente. Per eliminarli non è sempre necessario usare il bisturi. In alcuni casi è possibile ricorrere a un trattamento mininvasivo, chiamato termoablazione, che riesce a distruggere i noduli in maniera mirata usando il calore. A spiegarci i più recenti progressi di questa tecnica – discussi a Roma in occasione del congresso dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME) – è Paolo Limone, Direttore della Struttura Complessa di Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo dell’Ospedale Mauriziano di Torino.
Professor Limone, che cos’è la termoablazione?
«E’ un trattamento mininvasivo che sfrutta il calore per ridurre le dimensioni dei noduli tiroidei. L’intervento può essere eseguito con la tecnica laser, convogliando un fascio di luce all’interno del nodulo attraverso sottili fibre ottiche, oppure con la radiofrequenza. Si tratta di un’onda elettromagnetica ad alta frequenza che viene condotta direttamente nel nodulo da un ago-elettrodo. In entrambi i casi, l’energia termica brucia il tessuto nodulare dall’interno, provocandone la coagulazione e quindi il rimpicciolimento».
Quali noduli possono essere eliminati con il calore?
«La termoablazione è indicata per i noduli di dimensioni medio-grandi (tra i 2 e i 6 centimetri) che generano disturbi da compressione, con difficoltà di respirazione o deglutizione, o che rappresentano un problema estetico».
Quali sono i vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale?
«Innanzitutto, la termoablazione è mininvasiva e si può fare in day-hospital con un’anestesia locale superficiale, dunque è ideale per evitare l’anestesia generale. Viene consigliata soprattutto in caso di pazienti anziani, cardiopatici o complessi che presentano controindicazioni all’intervento chirurgico, ma più in generale può essere utilizzata su qualunque paziente. Altro aspetto molto importante è che la termoablazione consente di agire in maniera estremamente mirata e precisa, colpendo solo il nodulo e lasciando intatto e funzionante il resto della ghiandola tiroidea».
Come viene eseguito il trattamento?
«La termoablazione viene fatta sotto controllo ecografico, inserendo un ago direttamente nel nodulo della tiroide. Nella tecnica laser, si usa un ago grande quanto quello delle normali siringhe. Viene impiegato un “introduttore” per far penetrare nel nodulo le fibre ottiche, molto sottili e flessibili, che emettono il fascio di luce. Le fibre vengono poi lentamente retratte per distruggere tutto il tessuto nodulare. Nella tecnica con radiofrequenze, invece, si usa un ago-elettrodo rigido leggermente più grande, che viene poi mosso all’interno del nodulo in direzioni diverse, su piani paralleli, per indurre la necrosi coagulativa in ogni distretto. Il trattamento dura in tutto una ventina di minuti».
Che risultati si ottengono?
«Il volume del nodulo può ridursi dal 50 al 70%, ma gli effetti dell’intervento non sono immediatamente visibili. I primi segnali di rimpicciolimento si osservano dopo un mese, e gli effetti maggiori si ottengono nel giro di 6-12 mesi. In genere il trattamento richiede un solo intervento, ma può essere ripetuto se il risultato non è soddisfacente o se il nodulo a distanza di tempo ricomincia a crescere: può succedere nel 3-5% dei casi».
Quali effetti collaterali può causare la termoablazione?
«E’ possibile che si percepisca un dolore transitorio, che passa subito o dopo qualche ora con comuni analgesici. Dopo il trattamento si può inoltre manifestare un leggero gonfiore o qualche ematoma. In rarissimi casi è possibile che si scateni un’infiammazione della tiroide, con dolore persistente e arrossamento della pelle del collo; nella nostra esperienza, su oltre 500 pazienti trattati, questo problema si è verificato in un numero veramente trascurabile persone. Ancora più rara è la possibilità che durante l’intervento si vada a danneggiare il nervo ricorrente che va alle corde vocali, determinando un transitorio calo di voce: questa evenienza è sempre più improbabile grazie alle nuove tecnologie oggi disponibili; di fatto è un rischio più teorico che reale, non avendo mai avuto questa complicanza nella nostra esperienza».
La termoablazione può essere combinata ad altri trattamenti?
«Sì, per esempio nel caso di grossi noduli tiroidei iperfunzionanti: possiamo usare la termoablazione per ridurre le dimensioni della massa nodulare sotto i 4 centimetri, e poi dare un ultimo “ritocco” somministrando per bocca lo iodio radioattivo che elimina definitivamente la disfunzione».
di Elisa Buson
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