«Mio figlio ha avuto una fortuna: quella di essere malato in un periodo della sua vita in cui era molto piccolo. Questo gli ha permesso di vivere la cosa con la consapevolezza che può avere un bambino e, quindi, di non avere crolli psicologici». Valerio, il papà di Ascanio, che oggi ha dieci anni ma a due ha combattuto e sconfitto un nefroblastoma di Wilms, riesce a trovare un lato positivo nella malattia del figlio e nel percorso che lui ha dovuto affrontare quando, quasi casualmente, gli è stato diagnosticato un cancro raro.
Una forma rara
Nel mondo solo circa 2.000 i casi di nefroblastoma di Wilm, un tumore genetico dei reni che, in sette casi su dieci, insorge in pazienti con meno di cinque anni. Si tratta di una patologia rara, ma ancora più rara è stata la forma di Ascanio, che ha colpito non uno, ma entrambi i reni. «Quando l’abbiamo scoperto si trattava del secondo caso in Italia in 40 anni di studio – ha raccontato il padre – Era un tumore multicentrico, con tante masse tumorali che partivano dai reni e occupavano la pancia. Sedici in tutto e tutte maligne». Un quadro durissimo che, non appena è stato descritto dai medici a Valerio e alla moglie, sembrava irrisolvibile.
Il miracolo del nonno
Accorgersene non è stato facile, ma il peccato originale sembra addossabile a una pediatra poco competente che, nonostante avesse in cura il piccolo Ascanio da quando era nato, non si era mai accorta di nulla. «L’allarme è arrivato da mio padre che, giocando con il bimbo a cavalluccio, ha tastato con mano una grossa protuberanza sul lato sinistro della pancia. Ci siamo rivolti a un altro medico immediatamente, che ha capito subito di essere di fronte a una patologia grave. Lui ci ha indirizzati agli esperti del policlinico Umberto II di Roma e lì, con un’ecografia alla pancia, abbiamo avuto la diagnosi definitiva».
Praticamente asintomatico
Il tumore di Wilms purtroppo non ha sintomi specifici e la maggior parte delle volte viene rivelato proprio al tatto. A volte, riportano gli esperti della Fondazione Veronesi, c’è dolore, ma non è stato il caso di Ascanio che, nonostante le grosse e numerose masse tumorali (la più grande aveva un diametro di nove centimetri) non ha mai mostrato alcun segno di disagio.
Con chemioterapia e chirurgia
aumenta la sopravvivenza
Il tour de force di visite e chemioterapia è iniziato subito, anche se le prospettive iniziali non erano delle migliori. «Quella di Ascanio era una terapia sperimentale: i medici hanno applicato un protocollo base, ma con farmaci in studio perché la ricerca su questo tumore è ancora in corso e non esiste una terapia standard» ha sottolineato Valerio. «Con mio figlio, per fortuna, ha funzionato: oltre alle sedute di chemioterapia, che in tutto sono state 43, ci sono state anche due operazioni chirurgiche per rimuovere le masse tumorali». Come spiegano gli esperti, quella di Ascanio è una storia che per fortuna si ripete sempre di più: con l’elaborazione di approcci multidisciplinari, con chemioterapia e radioterapia pre e post operatoria, infatti, le possibilità di cura di questo tumore sono migliorate, ottenendo sopravvivenze anche dell’80-90 per cento.
I controlli continuano
Ad aprile 2017 si sono chiusi i cinque anni di follow up di Ascanio. Nei pazienti che hanno avuto un tumore, è il lasso di tempo dalla fine delle terapie in cui la malattia può tornare: una volta passato si è considerati guariti e praticamente fuori pericolo. Ovviamente, tutti i pazienti, e a maggior ragione Ascanio che è stato colpito da una forma rara, continuano i controlli anche dopo i cinque anni. «Da un punto di vista scientifico, per i medici è importante capire come stanno reagendo i suoi reni, che sono stati ridotti molto durante le operazioni. Nel frattempo, lui vive la vita come un bimbo normale. Deve solo bere tanto ed evitare affaticamenti eccessivi. Questo non tanto per i reni, ma per i potenziali effetti collaterali dei farmaci che ha assunto durante la terapia – continua il padre – e per ora non è previsto un trapianto».
Come nel film di Benigni
«È stata un’avventura per tutta la famiglia. Per aiutare Ascanio ad affrontarla abbiamo ricostruito il gioco di Roberto Benigni ne La vita e bella. Ogni volta che bisognava andare in ospedale facevamo finta di prepararci per il campeggio e la chemioterapia diventava un gioco. Così come abbiamo traslato per immagini la sua malattia e gli abbiamo raccontato che aveva delle ranocchie nella pancia che andavano mandate via. Poi crescendo gli abbiamo spiegato tutto in modo più reale – conclude Valerio – Oggi è tranquillo, sa di cosa parliamo e lo vedo forte, consapevole».
Giulia Masoero Regis
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