Può superare anche i dodici mesi la nebbia cognitiva da Covid, che colpisce circa il 5% dei pazienti della malattia causata da Sars-CoV-2. La notizia arriva da uno studio del Centro di Ricerca ‘Aldo Ravelli’ dell’Università degli Studi di Milano e dell’Ospedale San Paolo. Con loro ha collaborato anche l’Istituto Auxologico Italiano IRCCS.
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Cos’è la nebbia cognitiva da Covid e quali sono i suoi sintomi?
Com’è noto Covid può colpire anche le capacità mentali. Interessa soprattutto i pazienti più giovani, soprattutto nella fascia di età compresa tra i 18 e i 49 anni. Proprio il gruppo di persone che erroneamente si pensa siano a rischio minore delle complicanze più serie del coronavirus. I neurologi gli hanno assegnato questo nome “nebbia cognitiva”, perché è come se ci fosse una coltre nebbiosa nel cervello che ne rallenta e ne confonde le funzioni. I sintomi tipici sono la difficoltà di concentrazione, il senso di stanchezza psicologica e la perdita di memoria. Naturalmente variano da persona a persona, con casi più lievi e altri più importanti.
Difficoltà ad affrontare azioni quotidiane anche banali
Ora questa nuova ricerca italiana spiega che queste difficoltà ad affrontare la routine quotidiana, come lavorare, guidare, uscire, fare la spesa possano perdurare oltre un anno. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica European Journal of Neurology.
Nebbia cognitiva da Covid: la metà dei pazienti con impatto neurologico ha difficoltà anche dopo un anno
I ricercatori hanno messo sotto osservazione 76 pazienti ricoverati presso l’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. Tutti sono stati sottoposti a diverse terapie con l’ossigeno in base alla gravità. Il loro monitoraggio ha dimostrato che il 63% di loro ha vissuto un disturbo o un deficit cognitivo a cinque mesi dalle dimissioni dall’ospedale. Nella metà dei pazienti questi problemi perduravano anche dopo un anno.
Quali sono le cause della nebbia cognitiva da Covid?
Non si conoscono ancora con certezza le cause di questo disagio mentale. Le ipotesi più accreditate sostengono che Sars-CoV-2 continui a mantenere livelli di infiammazione alti nel cervello anche dopo il tampone negativo. La stessa situazione colpirebbe anche i vasi sanguigni, che attraversano il cervello e portano ossigeno e sostanze nutritive.
Servono interventi di riabilitazione soprattutto per i più giovani
“Il nostro studio conferma e amplia i risultati di studi precedenti. Abbiamo dimostrato che i deficit cognitivi come il
rallentamento mentale e le difficoltà di memoria possono essere osservati anche dopo un anno dal contagio
e potrebbero interferire con il lavoro e la vita quotidiana”. Roberta Ferrucci è docente di Psicobiologia e Psicologia fisiologica all’Università Statale di Milano. “Sono necessari – ha aggiunto – interventi di riabilitazione, in particolare sui pazienti più giovani che potrebbero avere implicazioni sociali e lavorative significative, e sperimentare un aumento dell’affaticamento mentale e dello stress”.
Occorre studiare molto di più le conseguenze di Long Covid
“Il dato che emerge dal nostro studio mette in evidenza la necessità di valutare attentamente la progressione a lungo termine della malattia. Dobbiamo concentrarci sia sui disturbi fisici, sia su quelli cognitivi nei pazienti post
Covid. Per questo l’Ospedale San Paolo ha attivato un ambulatorio specialistico/specifico per il Long Covid”. Alberto Priori è direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Milano presso il Polo Universitario Ospedale San Paolo. Gli fa eco Vincenzo Silani, direttore del Dipartimento di Neurologia dell’Università degli Studi di Milano presso l’Istituto Auxologico Italiano IRCCS. “È necessario continuare lo studio del Long Covid per l’imprevedibile possibile impatto anche sul disegno di nuove strategie terapeutiche per questi pazienti”.