«Sono rilevanti i progressi terapeutici recentemente raggiunti per alcune malattie neurologiche rare». Così il professor Antonio Federico, Direttore della Clinica Neurologica di Siena, che aggiunge che «si tratta della cura di alcune patologie neurodegenerative come l’Atrofia Muscolare Spinale tipo I e II per la quale la diagnosi precoce e l’avvio tempestivo della terapia produce effetti importanti sulle funzioni motorie, altrimenti progressivamente alterate. Inoltre, buone notizie arrivano anche per la cura delle malattie metaboliche rare interessanti il sistema liposomiale e dell’Atrofia Ottica di Leber».
L’importanza del neurologo, ma l’approccio dev’essere multidisciplinare
Per tutte le malattie neurologiche rare il neurologo rappresenta il primo interlocutore valido nell’intero percorso diagnostico e terapeutico. Inoltre un enorme numero di queste malattie sono così rare da richiedere spesso un approccio multidisciplinare. Per questo motivo, diventa sempre più importante condividere le informazioni, facendo rete tra tutti i centri specializzati, le istituzioni, i medici e i ricercatori, per garantire al paziente un’organizzazione assistenziale efficiente e adeguate possibilità terapeutiche.
Da un anno sono attive le reti di referenza europea
Già da marzo 2017 sono operative le 22 ERNs (European Reference Networks) approvate dalla Commissione Europea su diversi tipi di malattie rare. Quattro di queste sono di interesse neurologico. Si tratta delle malattie Metaboliche, di quelle Neurologiche Rare, delle Epilessie Rare e delle malattie Neuromuscolari. Le ERNs riuniscono le migliori strutture europee selezionate dal Ministero della Salute di ogni Paese. Sono numerosi i gruppi italiani che attivamente collaborano con i Centri di Eccellenza Europei.
Il tema della diagnosi
In Italia, il 25% dei pazienti rari attende da 5 a 30 anni per ricevere conferma di una diagnosi. Uno su tre deve spostarsi in un’altra Regione per averne una esatta. Per chi vive con una patologia rara, ogni giorno è una sfida ed avere il supporto della propria comunità scientifica. Fare rete è fondamentale soprattutto nel difficile passaggio del paziente dall’età pediatrica a quella adulta.
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