Alberto, Valentina, Elena, Giuseppe, Simone: dietro a questi nomi comuni e popolari, che ogni giorno vengono scelti da chissà quanti genitori per designare l’identità del nascituro, spesso si celano storie che di ordinario e abituale non hanno proprio nulla. Basti pensare a chi, fin dai primi anni di vita, si scontra inaspettatamente con una malattia: quell’esistenza, che non può certo essere paragonata a quella di tanti altri bambini, inevitabilmente si segna di paure, sofferenze, ricadute, speranze, lacrime e angosce. E se la patologia è rara, diventa ancora tutto più complicato, sia per i più piccoli sia per i loro genitori. «Raro… Con questo aggettivo di solito connotiamo qualcosa di incantevole e unico, tanto che di frequente utilizziamo espressioni come Un dipinto di rara bellezza, Persona di raro intelletto, Raro esempio di onestà. In medicina, invece, rarità fa rima con diagnosi tardive, terapie sperimentali, scarsità di fondi per finanziare la ricerca, poca conoscenza, esiti invalidanti e talvolta aspettativa di vita molto bassa» commenta Claudio Barnini, giornalista e autore del libro Malattie Rare, i nostri figli raccontano.
Purtroppo però, proprio a causa della loro natura intrinseca, di queste condizioni si parla e si scrive ancora troppo poco. Eppure, il fatto che l’incidenza di una malattia non superi una soglia prestabilita, cioè 5 casi su 10.000 persone, non significa che i riflettori dell’informazione debbano abbassarsi, anzi: in questi casi è più che mai necessario creare una rete di notizie, testimonianze e approfondimenti non solo per dare un contributo alla divulgazione scientifica ma anche per sostenere i pazienti, i famigliari e i caregiver nelle loro lotte quotidiane. «Ho voluto intraprendere un viaggio all’interno di questo mondo così variegato, che stando all’Organizzazione Mondiale della Sanità include circa 7000-8000 patologie, per condividere le storie di alcuni piccoli eroi che, da un giorno all’altro, si sono ritrovati ad affrontare mostri più grandi di loro, ben diversi da quelli narrati nelle favole» continua Barnini. Secondo quanto riportato dall’Osservatorio Malattie Rare – Omar, infatti, ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati e il 20% riguarda proprio pazienti in età pediatrica, cioè al di sotto dei 14 anni. «Ho provato a raccontare questa rarità nella rarità, dando voce a chi non ha quasi mai la possibilità di esprimersi, cioè i bambini e i loro genitori, che si aprono al lettore descrivendo il vortice nel quale sono finiti già da tempo» spiega il giornalista, che da anni ormai si interessa di queste tematiche. «E per riportare l’attenzione su alcune di queste malattie, chi meglio dei piccoli protagonisti poteva farlo? Anche perché, si sa, il cuore e gli occhi dei bimbi sono sempre aperti alla speranza, al sogno e alla voglia di vivere».
Marco, che oggi è un uomo di 41 anni, è stato proprio uno di quei ragazzini: senza sapere a cosa sarebbe andato incontro, si è ritrovato a combattere con una malattia complessa, dal nome quasi impronunciabile. «In questo caso a parlare è mamma Raffaella» interviene Barnini. «Questa donna, segnata da un’esistenza non proprio facile, racconta che ci sono voluti ben 12 anni per avere la diagnosi di alfa mannosidosi, una patologia ultra-rara che, stando a stime ufficiali, interesserebbe da 1/500.000 fino a 1/1.000.000 nati». Si tratta di una malattia provocata dal mancato funzionamento dell’enzima lisosomiale alfa-mannosidasi, a causa del quale gli oligosaccaridi, che non vengono correttamente metabolizzati, si accumulano all’interno dell’organismo scatenando danni a cellule, organi e tessuti. «Intorno ai 10-12 mesi i genitori iniziano a notare che il figlio ha uno sviluppo psicomotorio lento, diverso da quello dei suoi coetanei. Dagli accertamenti diagnostici, però, non emerge nulla di strano. Intanto gli anni passano e la situazione precipita: le capacità intellettive e motorie di Marco vengono sempre meno. Mamma e papà decidono di effettuare indagini più approfondite e, nel dodicesimo anno di vita del piccolo, ricevono una risposta definitiva ai loro continui quesiti» continua il giornalista.
Come spesso accade nelle storie di “rarità”, questo ragazzo e i suoi genitori hanno perso tempo prezioso: se la diagnosi fosse arrivata prima, il giovane sarebbe stato coinvolto tempestivamente in un percorso terapeutico-assistenziale diverso. Da un anno a questa parte, però, Marco è sottoposto settimanalmente alla terapia enzimatica sostitutiva che, se intrapresa presto, contribuisce a rallentare l’evoluzione della malattia: ecco perché è fondamentale che i medici continuino a specializzarsi sempre di più e le diagnosi arrivino precocemente. «Mamma Raffaella, che è una vera e propria roccia instancabile, riesce comunque a cogliere il lato positivo di tutta questa storia: se l’azienda farmaceutica che ha messo a punto la terapia di Marco non avesse investito nella ricerca, oggi il suo ragazzo starebbe peggio e i suoi limiti sarebbero ancor più insormontabili» conclude l’autore del libro.
Con il contributo incondizionato di Chiesi